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DONNE ALLA GUIDA DELLO SPORT, L’ESEMPIO SLOVENO DI ALENKA HITI

Uno Stato giovane ma con un’identità precisa. Per certi versi all’avanguardia e per altri anche più avanti dell’Italia. Da quando nel dicembre del 1990 voltò le spalle alle sorelle dell’allora Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia per raggiungere la piena indipendenza ed autonomia soltanto il 25 giugno 1991, dopo una guerra durata 10 giorni, la Slovenia ha intrapreso un cammino virtuoso che l’ha portata nel 2004 ad essere un membro dell’Unione europea. Le scelte adottate dal governo di Lubiana in vari ambiti hanno permesso al Paese di raggiungere risultati importanti nelle varie classifiche europee che tengono conto di differenti indici. Uno di questi è il Gender Equality Index, ovvero l’indice inerente all’uguaglianza di genere. Secondo la classifica stilata dall’EIGE (European Institute for Gender Equality) sul tema della parità di genere, la Slovenia si colloca in undicesima posizione, con un punteggio di 68,3 punti su 100 ma con un valore di 0,9 punti superiore alla media degli altri Stati europei. Seppure a distanza siderale dalla Svezia, la piccola Repubblica mitteleuropea progredisce costantemente verso la parità di genere. I suoi risultati, tanto per fare un paragone con altri membri dell’UE, sono migliori rispetto a quelli dell’Italia.

 

Per constatare e capire meglio i progressi culturali compiuti dalla Slovenia in termini di contrasto al divario di genere, anche in ambito sportivo, abbiamo intervistato Alenka Hiti, general manager dell’Akademy Rudi Hiti, una sorta di istituzione nel panorama dell’hockey su ghiaccio. Il fondatore, Rudi Hiti, ex colonna della Jugoslavia, ha partecipato a due Olimpiadi invernali (Grenoble 1968 e Sapporo 1972) e, oltre a vestire in patria le maglie del Kranjska Gora e dell’Olimpijia Lubiana, ha militato nella NHL americana e, per quanto riguarda il massimo campionato italiano, ha difeso i colori di Bolzano, di cui è stato anche allenatore, di Milano e di Como. Alenka, oggi, ricopre un ruolo fondamentale nel club ed è la persona più indicata per affrontare certe tematiche riguardanti il ruolo e l’impegno delle donne nel lavoro e nello sport sloveno. Inoltre, è impegnata in prima persona anche nella promozione di un progetto europeo che favorisce la transizione delle atlete dal mondo sportivo a quello manageriale o di coach.

 

Se l'Italia occupa il 14° posto nella classifica che tiene conto dell'indice di parità di genere in Europa, la Slovenia è tre posizioni più avanti (11° posto). Questa cifra riflette la tua opinione sull'uguaglianza di genere nel tuo paese? Ed in particolare, si riflette anche nel settore dello sport?

Alenka Hiti (A.H.) «A prima vista non è facile spiegare perché la Slovenia si colloca più in alto dell'Italia. Forse il risultato deriva dal fatto che il mio Paese è molto giovane. Ha solo 29 anni se si considera la data dell’indipendenza, la politica generale è differente rispetto a quella dei paesi circostanti e la generazione più giovane, che è rappresentata al governo, è più consapevole dell'importanza dell'uguaglianza di genere. Nel settore dello sport, purtroppo, i risultati non sono gli stessi. Il dominio in questo campo, considerando sia il coaching sia il ruolo svolto dai comitati decisionali, è nelle mani degli uomini. Per questo motivo, la Commissione per lo sport femminile - Commissione per l'uguaglianza di genere, che opera all'interno del Comitato olimpico della Slovenia - Associazione delle associazioni sportive, sostiene e promuove una cultura dell'uguaglianza di genere. La Commissione è stata istituita di recente e per vedere un cambiamento significativo o per parlare di risultati o obiettivi raggiunti è necessario attendere ancora un po’ di tempo.»

 

Un dato positivo evidenziato dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (E.I.G.E.) sottolinea come negli ultimi anni, nel tuo Paese, sia aumentato il tasso di occupazione femminile a tempo pieno. Sei d'accordo con questa informazione? Nello sport assistiamo alla stessa cosa o il settore sportivo è completamente diverso e difficile da analizzare?

A.H. «Come accennato in precedenza, essendo un paese giovane e membro dell'Unione europea dal 1° maggio 2004, quindi sostanzialmente da 16 anni, il movimento europeo sta trasferendo l'importanza dell'uguaglianza di genere alla popolazione slovena. Se analizziamo il numero di donne che lavorano a tempo pieno, allora possiamo affermare con certezza che tutto questo si sta riflettendo su tanti aspetti decisionali e sulle politiche occupazionali. Nello sport c'è una grande differenza. Bisogna ammettere che lo sport nel nostro Paese è sottovalutato e questo si riflette in tutti i campi sportivi.»

 

Insieme all’Ente di Promozione Sportiva OPES e a Champions Factory, state portando avanti il progetto Play To Train, un'iniziativa che affronta la parità di genere nello sport e favorisce il passaggio da atleta ad allenatore delle donne. Perché hai deciso di partecipare ed essere coinvolta in questo progetto? Perché pensi che ci sia bisogno di più allenatori di sesso femminile nello sport?

A.H. «La ricerca mostra che la differenze in un'organizzazione contribuiscono ad aumentare la produttività, l'innovazione e le prestazioni, ma le donne sono ancora sottorappresentate in molte aree della società. E lo sport non fa eccezione. I team misti di genere sono i più efficaci e la leadership femminile può contribuire alla modernizzazione, al rinnovamento e al progresso dell'organizzazione e al suo sviluppo. Il motivo principale che mi ha permesso di aderire sin da subito a Play to Train è facile da individuare: attraverso la nostra rete internazionale di allenatori e atleti, vogliamo far emergere nella società e nello sport la consapevolezza della parità di genere.»

 

Ragionando sul progetto Play to Train, che cosa hai imparato finora a tal punto da riportarlo ed adottarlo all’interno della tua organizzazione? Inoltre, dal punto di vista valoriale che cosa ha aggiunto questa iniziativa al tuo approccio, al tuo lavoro e a tutto il settore sportivo? Come è stata la risposta della squadra slovena agli input provenienti da Play to Train?

A.H. «In generale è importante aumentare la consapevolezza su un argomento così importante. Il modo migliore per implementarla è attraverso la realizzazione di diversi progetti con partner internazionali, in modo da scambiare buone pratiche, conoscenze ed esperienze. Tutte le persone che hanno partecipato all'incontro transnazionale del progetto, che è avvenuto a Roma, hanno molti pensieri positivi sul ruolo di Play to Train e sul suo scopo. Quel meeting ha avuto un impatto notevole in ciascuno di noi, a tal punto che, una volta rientrati nei nostri rispettivi Paesi di provenienza, abbiamo trasferito le conoscenze acquisite agli altri membri delle nostre organizzazioni o associazioni. Ad esempio, nel nostro specifico caso, quello dell’Akademija Rudi Hiti, uno degli obiettivi recenti è quello di aumentare la consapevolezza dell'uguaglianza di genere in tutti i settori dell'organizzazione. È estremamente importante essere consci che l'uguaglianza di genere contribuirà allo sviluppo del settore sportivo e mostrerà il suo potenziale.»

 

Credi che Covid-19 possa rallentare il tuo progetto, i tuoi piani e il cambiamento culturale che stai portando avanti? Temi che in un periodo così difficile dal punto di vista sanitario le persone, in questo caso le donne, potranno rivedere i propri piani e fissare altre priorità? (secondo i dati EIGE risalenti al 2019, in Slovenia le donne trascorrono almeno un'ora in più al giorno rispetto agli uomini a prendersi cura di bambini, anziani o persone con disabilità).

A.H. «La pandemia da Covid-19 ha cambiato radicalmente le priorità nelle nostre vite. Possiamo vedere il cambiamento di pensiero delle persone in merito al futuro, ai propri piani e alle priorità, che sono diventate la salute e la sicurezza. Non c’è alcun dubbio sul fatto che il Covid-19 abbia notevolmente rallentato il progetto.»

 

Come immagini il mondo dello sport alla fine dell'emergenza COVID-19?

A.H. «Il mondo dello sport alla fine della pandemia da COVID-19 potrebbe essere molto diverso da quello che potremmo immaginare. In Slovenia stiamo osservando bambini e ragazzi con un’età inferiore ai 15 anni che aumentano di peso. Questo è l’effetto dell’inattività fisica, di un approccio sedentario alla vita, dello stare seduti al computer o al telefono tutto il giorno e più semplicemente della completa assenza di motivazioni. Tutto gli sforzi fatti in questi anni per incentivare l’attività fisica, per promuovere stili di vita sani e per affermare l’importanza di vivere all’aria aperta sono stati spazzati via. Convincere i bambini ad uscire o ad essere attivi è diventato impossibile. Secondo me, il problema più grande connesso al COVID-19 è l’incapacità di socializzare. Socializzare attraverso la pratica di una disciplina sportiva è uno dei maggiori vantaggi che lo sport può darci. Dal momento che non possiamo uscire di casa, i bambini, ed anche le altre persone, risultano più depressi ed apatici.»