In che modo il Festival di Cannes ci ha raccontati fin troppo bene...
Si è conclusa il 17 Luglio la 74esima edizione dell’unico Festival del cinema conosciuto anche da chi non sa assolutamente nulla di cinema. La magia di Cannes passa anche da concetti così paradossali: nulla di ciò che appartiene alla sua manifestazione parte con una consapevolezza, ma si lascia spesso trasportare dalla sua immagine inarrivabile. Eppure quest’anno è successo qualcosa di diverso. Qualcosa che, ci viene da dire, “grazie” alla più grave catastrofe sanitaria dell’ultimo secolo, ha ridefinito il concetto stesso di storytelling. L’edizione è stata quasi imposta a tutti i costi, con un posticipo di soli due mesi dalla data ufficiale e con un presidente di giuria, mister Spike Lee, che sulla determinazione e sulla fantastica capacità di non guardare in faccia a nessuno ha costruito una carriera. Ed è da questa cazzimma, da questa desideratissima rinascita del business che, un intrattenimento sempre più improntato a scammare (illudere, truffare) il pubblico con prodotti al limite dello sciapo, ha ritrovato la spregiudicatezza e l’umanità che forse era talmente tanto tempo che non trovavamo che adesso ci sembra innovazione. Ed ecco quindi la voglia di uscire, il godersi ogni contesto, un musical che sgomita e vince e la nuova psicosi del green pass che diventa una fragilità da comprendere e cambiare con rispetto. Quello che viene fuori è un mondo totalmente cambiato ma con una naturale e fisiologica tempistica, che ci ha devastato ma ci ha anche insegnato ad essere migliori: la famiglia che è al centro di ogni geolocalizzazione, con genitori giovani dentro (e di conseguenza inesperti fuori), figli troppo adulti, uomini dieci passi indietro e donne dieci vite avanti.
Tra gaffe del maestro Spike che stava per spoilerare pure i vincitori dell’edizione 2022, Sharon Stone (uno statement fatto essere umano), un po’ di ansietta e tantissime lacrime siamo riusciti anche a vedere l’impenetrabile Marco Bellocchio visibilmente emozionato dalla palma d’oro alla carriera (consegnata da Paolo Sorrentino che stavolta non ha ricordato Maradona, peccato.). Abbiamo visto assegnare la Palma d’Oro a una donna dopo ventotto anni dall’altra (unica) volta: Julia Ducournau con il suo Titane non solo ha ridisegnato il concetto stesso di “pugno nello stomaco” ma dopo averlo tirato a tutta la giuria, si è sentita dire un GRAZIE al quale ci uniamo tutti molto volentieri. E lo scam stavolta sarebbe non andare a vedere questo, come tutti gli altri film vincitori (elencati in coda all’articolo NdA).
Però non è sempre chi vince che rappresenta qualcosa di migliore. È il caso, più che in qualsiasi altro prodotto in concorso, di Les Olympiades di Jacques Audiard che, udite udite, non ha vinto niente ma ha conquistato tutti. Proprio come noi che negli ultimi due anni abbia letteralemente perso tutto (dalla credibilità a qualcosa di peggiore) eppure ne siamo usciti nuovi, diversi. Storia di grande solitudine (anche dai colori, visto che è in b/n), di mancanza di prospettive e di ossessione per i social che stabiliscono, secondo il film, il tuo ranking nella società. Quanto vali oggi? Dipende da quanto amore hai ricevuto oggi sotto il tuo ultimo post. Il mezzo per la felicità è una dating app che determina il valore e l’identità del tuo genere e il cuore è un veicolo che somiglia più a un sasso. La reputazione è l’unico valore assoluto. Vi suona qualcuno di questi concetti? Secondo me sì. In una circostanza sempre più vecchia e fossilizzata, si cerca di provocare un contraddittorio che possa uccidere dentro ognuno di noi l’abitudine e che ci possa far dire “no, io non sono così”. Quest’anno come mai Cannes ha voluto risvegliare in noi la voglia di non essere più intimoriti dal voler uscire da un binario diretto verso un posto che, fin tanto che ci viaggeremo sopra, non arriverà mai.
Di seguito, tutti i vincitori della 74esima edizione del Festival di Cannes:
Palme d'Or
TITANE di Julia Ducournau
Grand Prix ex Aequo
GHAHREMAN (UN HÉROS / A HERO) di Asghar Farhadi
HYTTI N°6 (Compartment n°6 / Compartiment N°6) di Juho Kuosmanen
Miglior regia
Leos Carax per Annette
Migliore Attrice
Renate Reinsve in VERDENS VERSTE MENNESKE (Julie (en 12 Chapitres)(The Worst person in the World).
Premio della giuria ex aequo
HA’BERECH (Le Genou d’Ahed / Ahed's knee) di Nadav Lapid
MEMORIA di Apichatpong Weerasethakul
Migliore attore
Caleb Landry Jones in NITRAM di Justin Kurzel
Palma d'oro al Miglior Cortometraggio
TIAN XIA WU YA (Tous les Corbeaux du Monde / All the Crows in the World) di Tang Yi
Un Certain Regard
RAZZHIMAYA KULAKI (UNCLENCHING THE FISTS) di Kira Kovalenko
Premio della Giuria
GROSSE FREIHEIT (GREAT FREEDOM) di Sebastian Meise
Ensemble Prize
BONNE MÈRE (GOOD MOTHER) di Hafsia Herzi
Courage Prize
LA CIVIL di Teodora Ana Mihai
Prize of Originality
LAMB di Valdimar Jóhannsson
Special Mention
NOCHE DE FUEGO (PRAYERS FOR THE STOLEN) di Tatiana Huezo
Fonti:
https://tg24.sky.it/spettacolo/cinema/2021/07/17/cannes-2021-vincitori
https://www.leggo.it/spettacoli/cinema/festival_di_cannes_2021_curiosita_stranezze-6083173.html
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