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La crisi, le proposte di riforma, gli scenari: l’UE al bivio? | Parte III

Sembra, dunque, delinearsi un periodo caratterizzato da forti e complessi movimenti all’interno del Parlamento Europeo. Se da un lato, infatti, assistiamo ad una chiara volontà di ampliamento delle sue prerogative, che potrebbero portarlo ad essere una vera e propria assemblea legislativa con pieni poteri, dall’altro è credibile attendersi le resistenze non solo degli Stati membri ma anche delle altre istituzioni europee, ossia Commissione e Consiglio, che fino ad oggi hanno rappresentato il vero centro decisionale delle politiche comunitarie.

Per avere futuro, non basterà una maggiore “democraticità” degli organi sovranazionali. Serve, oggi, che l’Unione Europea trovi il modo di gestire le grandi problematiche geopolitiche, senza dipendere dagli Stati Uniti d’America, dalla NATO o da altri grandi Paesi come la Russia (ad esempio rispetto all’annoso problema dell’approvvigionamento energetico).

In questo senso, la capacità di essere credibili sul piano delle relazioni estere è un fattore di primaria importanza per l’Unione Europea. Purtroppo, nei diversi scenari nei quali è stato necessario intervenire in questi anni, l’UE non ha saputo essere decisiva, e talvolta nemmeno capace di rappresentare le priorità di tutti gli Stati membri.

I cambiamenti climatici, la guerra, la carestia e il fallimento di Stati cardine nella politica del Medio Oriente (Siria e Libia), sono fattori che hanno portato ad un forte incremento delle migrazioni verso l’Europa. La gestione dei flussi migratori, sia regolari che clandestini, ha un impatto importante in termini di pressione politica all’interno dell’UE. Si pensi alla richiesta avanzata da 12 Stati membri nell’ottobre del 2021 per avere la possibilità di costruire muri e barriere per difendere i confini nazionali.  Si consideri che in molti Stati, in confini nazionali sono anche i confini dell’Unione Europea. Pensiamo a quanto accaduto in Polonia, che ha dovuto moltiplicare esponenzialmente il controllo sul confine con la Bielorussia. Le tensioni generate dalle ondate migratorie hanno spinto il Presidente della Commissione Europea Ursula von del Leyen a varare un nuovo piano, per un maggiore controllo degli ingressi. Tuttavia, su questo fronte, grande è il disappunto di alcuni Stati rispetto alla gestione europea, che si ripercuote anche sul malcontento dei cittadini ed alimenta le posizioni euroscettiche.

Un altro grande scenario sul quale l’UE dovrà dimostrare le proprie capacità è quello dell’approvvigionamento energetico. L’UE dipende a livello energetico prevalentemente dalla Russia e dai Paesi del vicino Oriente, che possiedono riserve di petrolio e gas. Soffre, dunque, questa mancanza di autosufficienza, anche in termini di competitività delle proprie produzioni industriali. La transizione ecologica è lenta e complessa, e comporta ingenti spese. Il rincaro delle bollette pesa sulle spalle dei cittadini, già provati dalla pandemia Covid-19. Quello della sicurezza energetica sarà uno dei pilastri fondamentali sui quali l’UE giocherà la propria credibilità. Certamente, i venti di guerra che soffiano dall’Ucraina non ci fanno dormire sonno tranquilli considerato, oltretutto, che in questa “partita” per ora l’Alto Rappresentate Borrell sembra aver avuto davvero poco spazio di manovra, relegando l’UE ad un ruolo secondario e marginale rispetto a quello degli Stati Uniti e della NATO, che hanno guidato i colloqui di Ginevra con la delegazione russa.

Infine, è importante ricordare le politiche di sviluppo economico e di crescita demografica. La prosperità rappresenta uno degli obiettivi chiave del processo di integrazione europea. Sono molti gli Stati che ad oggi vivono condizioni economiche precarie, con un mondo del lavoro sempre più in crisi ed un alto numero di NEET. Garantire una crescita economica equa per tutti gli Stati membri deve certamente essere un punto cardine delle politiche europee, se si vuole rafforzare l’alleanza interna tra i membri. Infine, merita un cenno l’importanza della crescita demografica. L’Europa è, ad oggi, il continente più “vecchio”, con l’età media più alta del mondo ed il maggior numero di over 60. Non vi è futuro se non si inverte questo ciclo, promuovendo politiche di sostegno della famiglia, quale nucleo fondamentale per la società e per la stabilità degli Stati membri e dell’UE stessa.

In un celebre discorso, a Strasburgo nel 1949, ebbe a dire Winston Churchill che «non vi è alcun ostacolo che ci impedisca di raggiungere l’obiettivo e di gettare le fondamenta di un’Europa unita. Un’Europa il cui progetto morale guadagnerà il rispetto e il riconoscimento di tutta l’umanità, e la cui forza fisica sarà tale che nessuno avrà il coraggio di intralciare la sua pacifica marcia verso il futuro». Futuro che risiede nelle mani e nella volontà dei Popoli d’Europa.

Certamente l’elezione di Roberta Metsola alla guida del Parlamento Europeo, succeduta a David Maria Sassoli (purtroppo scomparso l’11 gennaio scorso a causa di una grave malattia), sembra una nota positiva. Anche i conservatori del Gruppo ECR hanno appoggiato la sua candidatura ed hanno favorito la sua elezione. Il Presidente Metsola, maltese, avvocato, moglie e madre di quattro figli, proveniente dalle fila del PPE, ha sempre dimostrato una grande attenzione ai temi legati alla difesa della sacralità della vita, alla tutela delle identità nazionali, alla difesa delle libertà fondamentali. In un mondo in rapido cambiamento, una donna alla guida del Parlamento Europeo – per la seconda volta nella storia di questa istituzione comunitaria – ci fa ben sperare.