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il disastro nucleare di Fukush

Quella goccia che fece spegnere il Sol Levante

https://www.shutterstock.com/it

Sono passati già due anni dall’uscita della bellissima serie esclusiva HBO e Sky Atlantic sul disastro di Chernobyl e dal momento in cui l’ho vista la mia personalissima speranza è che la stessa produzione possa dare vita un giorno a un secondo capitolo della saga per raccontare un altro (tristemente) celebre disastro nucleare e per poter sottolineare così una sostanziale differenza: quella tra errore umano ed errore naturale.

Sono le 14:46 dell’11 Marzo 2011 e nella prefettura di Fukushima si scatena un terremoto a cui i suoi abitanti, come tutti i cittadini nipponici, sono abituati ormai da sempre. Questo terremoto in particolare però, a causa della sua forza dirompente ed inimmaginabile per noi occidentali (grado 9 della scala richter) e della sua considerevole profondità (30 chilomteri); causerà già di per sé danni di proporzioni colossali, ma quello che succederà subito dopo segnerà per sempre la storia del Giappone, nonostante le norme di sicurezza da sempre in vigore in tutto lo Stato.

Nella città di Okuma, una minuscola cittadina costiera di appena 10.000 abitanti, dal 1971 era a pieno regime una centrale nucleare alimentata da ben 6 reattori ad acqua bollente progettati dalla General Electric (GE), una multinazionale tra le più potenti in USA, e successivamente mantenuti dalla Tokyo Electric Power Company (TEPCO). Ebbene, quell’11 Marzo, inspiegabilmente, lo stoicismo di quelle poche migliaia di abitanti, a seguito del fortissimo terremoto, verrà messo davanti a una sfida difficile da superare. Questo perché il terremoto, durato 6 interminabili minuti, a causa della sua profondità e della vicinanza alla costa genera uno tsunami che si infrange, prima che su qualsiasi altra cosa, proprio sulla centrale.

I sistemi di sicurezza automatici della centrale, a seguito del terremoto, avevano risposto perfettamente a tutte le procedure necessarie allo spegnimento e al raffreddamento dei reattori. Questo perché, in una qualsiasi eventualità che possa mettere a repentaglio l’integrità dei reattori e delle fasi di fissione necessarie alla produzione di energia, per regolamento internazionale, il reattore deve spegnersi. Questa procedura è denominata SCRAM. Fino a qui tutto bene, se non fosse che lo tsunami generato dal precedente sisma, con un’ondata che superava i 13 metri di altezza, allaga e distrugge sia i generatori di emergenza che quelli alimentati a diesel, compromettendo i sistemi automatici della centrale e impedendo il raffreddamento dei reattori utile a prevenire danni che saranno irreparabili. Gli sforzi degli operai della centrale non servirono a prevenire le svariate esplosioni chimiche che portarono alla propagazione di materiale radioattivo in tutta la zona.

15.000 sarà il body count finale di quella che sarà ricordato come il disastro nucleare più grave della storia dopo quello di Chernobyl.

Però cosa c’entrano con tutto questo l’errore umano e l’errore naturale?

In fatto di errore umano, nel Luglio del 2012 la commissione di inchiesta denominata NAIIC (National Diet of Japan Fukushima Nuclear Accident Indipendent Investigation Commission) scopre che le circostanze che hanno portato al disastro della centrale di Fukushima potevano e dovevano essere previste e che l’incidente, nonostante i danni inevitabili, poteva essere gestito e scongiurato. Il principale imputato di questa investigazione fu TEPCO che non aveva attuato tutte le norme di sicurezza previste per via di una valutazione del danno sismico avvenuta in totale autonomia. Un errore di valutazione.

In fatto di errore naturale arriviamo ai giorni nostri. A 10 anni dal disastro, il premier Yoshihide Suga conferma che, malgrado la decisiva opposizione dell’opinione pubblica, dell’industria alimentare, ittica e agricola; è avvenuto un incontro con i membri del nucleo esecutivo del governo giapponese, incluso il ministro dell’Industria Hiroshi Kajiyama per ufficializzare la decisione di rilasciare nell’Oceano Pacifico l’acqua contaminata impiegata per raffreddare i reattori danneggiati durante il disastro. Questo nonostante ci fosse già stata la previsione (da parte della stessa TEPCO) che ci sarebbero voluti oltre 30 anni per completare il raffreddamento e il ripristino delle aree colpite dalle radiazioni. Sono subito arrivate le proteste delle nazioni affiliate come la Corea del Sud che ha presentato un ricorso formale e di “forte opposizione” al rilascio in mare di oltre 1 milione di tonnellate di acqua contaminata. Una quantità enorme. Anche il governo cinese, impiegato già a gestire molti altri problemi di natura sanitaria e naturale, ritiene che nonostante l’acqua radioattiva, prima di essere immessa nell’oceano, verrà trattata per ridurre significativamente la radioattività presente giacché il suo accumulo oramai decennale non era stato autorizzato dagli altri Paesi dell’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica).

Anche la Commissione Europea non è da meno nell’opporsi a questa decisione, e l’augurio è quello che le autorità nipponiche garantiscano prima la sicurezza e la giusta analisi dell’impatto ambientale che quest’operazione potrebbe scatenare, appellandosi alla trasparenza e annunciando il continuo monitoraggio della situazione.

Non mancano le condanne, decisamente meno diplomatiche, di Greenpeace Giappone; sostenendo che tale decisione “ignori completamente le normali procedure di smaltimento in fatto di diritti umani, interessi dei cittadini di tutta la prefettura e in generale della parte di Asia che affaccia sull’Oceano Pacifico”. Inoltre, si legge in un loro comunicato, che “non solo si ignora la sufficiente disponibilità di stoccaggio dell’acqua contaminata nel sito nucleare, ma si glissa completamente la possibilità di utilizzare le migliori tecnologie per minimizzare il rischio di esposizione. Si opta invece per la soluzione più economica, scaricando direttamente tutta l’acqua nell’oceano”.

La manutenzione giornaliera della centrale, tratta gli impianti di bonifica annullando la presenza di moltissimo materiale radioattivo, ad esclusione però del trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno che in condizioni standard non può penetrare la pelle umana, ma è altamente dannoso se ingerito o inalato. Oltretutto, se a contatto con l’acqua (acqua triziata) può essere assorbito anche a livello cutaneo. Inoltre, a livello strettamente biochimico, a causa della sua bassa energia, rende il suo rilevamento molto difficile anche da strumentazione apposita.

La TEPCO, in risposta a questa mole così decisiva ed importante di proteste, ha dichiarato che la capacità massima dei bacini di stoccaggio dell’acqua raggiungerà il suo massimo nell’Estate del 2022.

Periodo in cui, fino a dieci anni fa, la gente di Fukushima e il loro mare, vivevano ignari del fatto che un giorno si sarebbero trovati uno contro l’altro totalmente contro la propria volontà.

Speriamo che i produttori della serie tv Chernobyl abbiano voglia, un giorno, di raccontare questa storia e che raggiunga con efficacia chi tiene tra le mani decisioni, forse, più brucianti di quei reattori che non hanno saputo dimostrare la stessa forza di chi si fidava di loro.

Quando si dice la goccia che, invece di far traboccare il vaso, può far spegnere il Sol Levante.

FONTI

[1] https://www.japantimes.co.jp/news/2021/04/13/national/fukushima-water-release/

[2] https://www.sciencemag.org/news/2021/04/japan-plans-release-fukushima-s-contaminated-water-ocean

[3] https://www.bbc.com/news/world-asia-56252695

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