Ricordate il cantante Antoine («qualunque cosa fai, dovunque te ne andrai, sempre pietre in faccia prenderai»)? Tutto vero. Fratelli d’Italia s’intesta in Italia la battaglia per introdurre la Global minimum tax con un’aliquota del 21 per cento a carico delle multinazionali? È una misura utile a cancellare il dumping in Europa che a sua volta genera concorrenza sleale tra gli stessi Paesi Ue. Ma per il Corriere della Sera è la prova che «sul terreno economico» la «trumpiana» Giorgia Meloni «sposa la dottrina Biden». Non l’avesse fatto, sarebbe stata la conferma del suo irrimediabile sovranismo. Pietre in ogni caso, proprio come cantava Antoine. La questione, invece, è molto seria e alla fine anche il quotidiano di Via Solferino riconosce alla leader di FdI il merito di aver almeno tentato.
La Meloni: «Governare la globalizzazione»
Tanto più che l’obiettivo è contrastare il far west cui fatalmente ci condurrebbe una globalizzazione senza regole. La proposta della Meloni obbligherebbe infatti le multinazionali, pubbliche e private, a versare in patria la differenza delle imposte pagate nei «paradisi fiscali». Nelle mozioni presentate nei due rami del Parlamento, FdI impegna il governo a sostenere la proposta di Biden sia a livello Ue sia nel G20, dove l’Italia è presidente di turno. L’obiettivo finale è ridurre l’Ires (Imposta del reddito delle società) dall’attuale 24 al 21 per cento, allineandola all’aliquota della Global minimum tax. In questa proposta il Corriere scorge «una imminente rivoluzione copernicana della destra italiana».
FdI: «Al G20 l’Italia sostenga la riforma Usa»
In primo luogo perché FdI «riconosce che per difendere gli interessi nazionali siano necessari accordi su scala mondiale». E cerca di stipularli (secondo motivo) con «i fautori del neo-globalismo individuati in Biden, ma anche in Draghi». In realtà uno è il presidente Usa e l’altro il premier italiano. Ma tant’è: per il Corriere è l’esito della strategia «su due piani» ideata dalla Meloni. In Italia fa opposizione al governo, senza spezzare il rapporto con il premier mentre a Strasburgo «mira a inserirsi nel mainstream occidentale ed europeo per offrire l’immagine di una “destra di governo“». Per il giornale è la prova che l’unico perimetro praticabile è quello «dell’europeismo e dell’atlantismo». «E non è contemplato – avverte – navigare oltre queste due colonne d’Ercole». Un vero avviso ai naviganti.
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