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Una “nuova Europa”, unione di Stati liberi e sovrani | Parte II

Giorgia Meloni, Presidente di ECR Party, riaccende in Italia il dibattito sull’Europa confederale....

Il Piano presentato alla Società delle Nazioni da Aristide Briand, fu ostacolato con forza dalla Gran Bretagna e dell’Italia fascista e fu definitivamente accantonato a seguito della fine ingloriosa della Repubblica di Weimar. Una seconda iniziativa fu guidata da Churchill che, nel giugno del 1940, propose una unione franco-britannica che prevedeva l’istituzione di organi ad hoc per la gestione di specifiche materie: economia, difesa, affari esteri. Churchill immaginava anche di stabilire una associazione formale tra il parlamento inglese e quello francese, oltre ad una comune forma di cittadinanza. Il 25 giugno dello stesso anno la Francia capitolava sotto gli attacchi tedeschi e sarebbe stata dominata dai nazisti fino alla fine della guerra, mandando in fumo il progetto di Churchill.

Subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, la corrente che sosteneva la tesi confederale troverà la sua più alta espressione nello United Europe Movement, fondato nel 1947 nel Regno Unito e presieduta dallo stesso Churchill. Nel maggio del 1948 tutte le associazioni europeiste dell’epoca si incontrarono all’Aja per il Congresso dell’Europa, presieduto da Churchill stesso. Vi parteciparono i più importanti leader politici, da Monnet a Schuman, da De Gasperi a Adenauer, da Spaak a Van Zeeland. All’Aja si confrontarono esponenti dei tre principali modelli dell’europeismo ed il risultato fu la costituzione del Consiglio d’Europa, che vedrà la luce nel 1949.
Anche Charles de Gaulle sarà un importante sostenitore del modello confederale, promuovendo l’indipendenza dell’Europa dalle due grandi potenze, USA e URSS ed un ruolo forte per la Francia in politica estera. Il Generale sosterrà fortemente l’idea di “Europa delle Patrie” in contrapposizione all’idea di una Europa sovranazionale.

Nel 2017, con il referendum britannico sull’uscita dall’UE, prenderà nuovamente vigore il dibattito sulle forme possibili di integrazione europea. In quell’anno, infatti, venne siglata la Dichiarazione di Parigi, “A Europe we can believe it”, manifesto conservatore sull’Europa da riscoprire e rinnovare. Secondo i firmatari (tra i quali ricordiamo il filosofo inglese Roger Scruton, lo storico francese Rémi Brague e il professore polacco Ryszard Legutko, oggi vice presidente del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei al Parlamento di Bruxelles), bisogna tornare a lavorare sul progetto di una unione di Stati Nazionali sovrani, uniti in una Europa Cosmopolita, tenuta insieme dalla fede cristiana e dalla tradizione di lealtà civica. Solo riscoprendo la «vera Europa sarà possibile sconfiggere un materialismo privo di obiettivi e incapace di motivare gli uomini e le donne a generare figli e a formare famiglie» e così «ridare vita all’agire storico dei popoli europei» per recuperare «la dignità di una responsabilità politica condivisa per il futuro dell’Europa».

La strada, certamente tortuosa e in salita, è stata tracciata. Attendiamo di vedere chi sarà così coraggioso di raccogliere la sfida tra i Paesi membri.

Quest’anno ci saranno alcuni appuntamenti fondamentali, anche per la politica europea. In primis, le elezioni francesi per il rinnovo del Presidente della Repubblica. “Je continuerai à vous servir” è quanto ha dichiarato un fiducioso Emmanuel Macron nel discorso di fine anno al Popolo di Francia. Si voterà in aprile, in un clima non certamente favorevole al Capo dello Stato in carica, le cui politiche sono state messe a dura prova non solo dalla pandemia ma dal dissenso dei Francesi, che hanno organizzato scioperi e sono scesi in piazza per protestare praticamente tutte ogni mese negli ultimi cinque anni. Macron, fortemente convinto dell’attuale progetto europeista, si scontrerà con due candidati che sembrano avere ottimi consensi, Marine Le Pen e Éric Zemmour, entrambi con un’idea di Europa molto diversa da quella del candidato di En Marche, certamente più rispettosa dell’identità e della sovranità nazionale. Altresì, attendiamo a novembre le mid-term election negli Stati Uniti d’America, in cui assistiamo ai comizi di un Donald Trump avvolto da folle oceaniche di cittadini scontenti delle politiche dell’Amministrazione democratica di Joe Biden, che dall’inizio del suo mandato ha registrato una serie di importanti insuccessi, primo fra tutti il ritiro frettoloso e disorganizzato dall’Afghanistan che ha gettato il Paese nuovamente (e drammaticamente) nelle mani dei Talebani.

Per le sorti del’UE, il 2022 sembra essere un anno davvero cruciale