Email Facebook Twitter LinkedIn
×ECR Party
The Conservative
ECR Party
TheConservative.onlineTwitterFacebookInstagramYouTubeEmailECR Party’s multilingual hub for Centre-Right ideas and commentary
ItalianItalianEnglishBulgarianCroatianCzechMacedonianPolishRomanianSpanishSwedish
The Conservative
Notizie & Commenti   |    TV   |    Print   |    Giornalisti

WHEN WOMEN COACH, LA NECESSITÀ DI FAVORIRE IL PASSAGGIO DA ATLETA AD ALLENATRICE

Chantilly, Francia, 17 e 18 luglio 2019. In una foto del G7 sono presenti i Ministri delle Finanze, i Governatori della Banche centrali, il Presidente dell’Eurogruppo, il Commissario UE per gli Affari economici ed il Segretario generale dell’OCSE (all’appuntamento francese avrebbe dovuto partecipare anche Christine Lagarde, ma l’allora direttrice generale del Fondo monetario aveva lasciato la sua carica soltanto poche settimane prima). Tutti uomini. Il quotidiano francese “Le Figaro”, senza giri di parole, in un articolo descrive così quel meeting internazionale: “il summit più misogino degli ultimi tempi”.

Uomini e solo uomini che ricoprono ruoli cruciali e che, come successo nel corso del vertice francese, si trovano ad affrontare temi come le disuguaglianze di genere o il pay gap (in Italia, la differenza media in busta paga tra un uomo ed una donna che lavorano nel settore privato è del 17,9%, mentre nel pubblico è del 4,4%). Il problema della gender equality, però, non riguarda solo lo sfera della politica, ma trasversalmente interessa ogni settore. Anche il mondo dello sport. Anzi, in questo campo si assiste ad un ulteriore gap per quanto riguarda il ruolo di coach o trainer. Pochissime atlete diventano allenatrici, una volta terminata la loro carriera agonistica.

 

Per favorire la parità di genere nel coaching e, più in generale, nel mondo dello sport, tre organismi europei (un Ente di Promozione Sportiva italiano riconosciuto dal CONI, una realtà slovena ed un’altra bulgara), con grande entusiasmo, provano ad incrementare il numero di donne allenatrici e ad avviare un cambiamento culturale. Lo slogan che accompagna tutte le attività e le iniziative di “Play to Train”, questo il nome del progetto, è “When Women Coach”. I responsabili nazionali e territoriali delle organizzazioni dei tre Paesi stanno lavorando con ragazze di età compresa fra i 12 e i 19 anni. Intervenendo e coinvolgendo le future generazioni, possono invertire la tendenza e raggiungere gli obiettivi prefissi. Le giovani che hanno aderito al programma, dopo aver svolto un questionario conoscitivo, hanno intrapreso un percorso formativo con l’intento di arrivare a gestire in piena autonomia un allenamento. Il passaggio dalla visione di atleta a quella di coach, soprattutto per le più giovani, non è stato facile e privo di ostacoli. I tutor e i mentori, proponendo sempre un approccio costruttivo ed un dialogo costante, hanno permesso loro di superare quelle barriere rappresentate dal timore di sbagliare o dalla paura di essere giudicate per le parole utilizzate o per le azioni intraprese. Superate le prime naturali difficoltà, si è creato un clima di fiducia e di consapevolezza nelle proprie capacità, a tal punto che le giovani atlete ora sono in grado di seguire dal punto di vista fisico, atletico e tecnico piccoli gruppi di 3 o 4 persone. L’approccio di “Play to Train” non lascia nulla al caso. Le partecipanti che si stanno avvicinando al coaching, ad esempio, sono seguite da professionisti che raccolgono, registrano ed analizzano le loro riflessioni e le loro emozioni al termine delle attività proposte. Concluse le varie fasi previste dalla progettualità, i 3 partner europei stileranno insieme quelle linee guida che dovranno supportare le associazioni sportive ad incrementare la partecipazione delle donne nel mondo sportivo, ricoprendo un ruolo importante come quello del coach. Magari aiutando alcune atlete ad emulare Carolina Morace, la prima donna a guidare una formazione maschile nel calcio professionistico italiano.