I mezzi pesanti sono i diretti responsabili di circa il 22% delle emissioni: ecco perché l’UE e Bruxelles puntano principalmente sull’idrogeno. ...
I mezzi pesanti sono i diretti responsabili di circa il 22% delle emissioni: ecco perché l’UE e Bruxelles puntano principalmente sull’idrogeno per la mobilità in ottica ecosostenibile.
L’idrogeno è l’elemento più diffuso sulla Terra e si tratta di una risorsa praticamente infinita e inesauribile.
Ecco perché viene considerata una grandissima alternativa al combustibile fossile ed ecco perché viene considerata una della direzioni da intraprendere da parte della Commissione Europea in ottica Green Deal.
L’idrogeno non è sicuramente la prima scelta quando si parla di mobilità sostenibile: il futuro delle autovetture sarà principalmente elettrico, ma si tratterà di una valida alternativa alla elettrificazione nei casi in cui questa non sia applicabile o per mezzi di grandi dimensioni che operano nei settori dell’aviazione, della nautica, della siderurgia e della logistica.
Capiamo come e perché.
Quando si parla di idrogeno, bisogna fare una grande differenza riguardo la modalità di produzione della molecola.
L’idrogeno, infatti, può essere di diversi colori:
Essendo un composto, l’idrogeno è formato da acqua e idrocarburi ed è proprio la tipologia di questi ultimi a determinarne la colorazione.
Attualmente, circa il 97% dell’idrogeno prodotto è il frutto da processi di reforming usando combustibili fossili come carbone (da cui viene ottenuto l’idrogeno nero) o il metano (con l’idrogeno grigio).
Queste due tipologie di creazione dell’idrogeno hanno un effettivo impatto per l’ambiente, perché come prodotto di scarto si ha il rilascio di anidride carbonica.
Quando, invece, l’idrogeno è blu, la CO2 prodotta durante la sua lavorazione viene catturate e stoccata, recuperandone circa il 90%, limitando notevolmente l’impatto sul nostro ecosistema.
Questo discorso viene completamente rivoluzionato dall’idrogeno verde, ovvero un gas ottenuto da un processo di elettrolisi dell’acqua. Quando il processo viene alimentato da energie rinnovabili, infatti, le emissioni vengono completamente azzerate, rendendo questa energia pulita e completamente sostenibile.
Anche l’idrogeno viola viene ottenuto per elettrolisi, ma il procedimento per ottenerlo sfrutta l’energia nucleare.
Infine, abbiamo l’idrogeno turchese, ricavato dal metano, ma il cui prodotti di scarto è il carbone.
Insomma, come è facile intuire, l’idrogeno verde è quello più sostenibile e friendly in termini ambientali.
Al momento, viene sfruttato solo in progetti piccoli e, per molto tempo, non sarà competitivo come quello blu proprio perché il costo dell’energia fotovoltaica impiegata per produrlo è effettivamente molto alto (30€ al megawattora).
Attualmente, l’idrogeno è un’alternativa piuttosto valida per i mezzi che si muovono via aria o via mare, ma il discorso cambia notevolmente quando lo si destina al mondo delle quattro ruote.
Ed è proprio questa differenza che ha fatto scendere notevolmente il livello d’entusiasmo relativa a questa nuova energia rinnovabile.
Se prima, infatti, la ricerca nei confronti dell’idrogeno era portata avanti dalle case automobilistiche stesse, ora le cose sono radicalmente cambiate.
I motivi sono tre.
Il primo è l’avvento dell’energia elettrica: la rapida evoluzione delle tecnologia al litio ha sicuramente una buona parte di responsabilità, ma non è l’unica ragione.
Il secondo è un problema di costi effettivi: le vetture fuel cell, infatti, contengono platino, un metallo particolarmente costoso e le quantità necessarie per produrre idrogeno verde sufficiente a far muovere tutti è davvero una via impraticabile.
La terza questione è quella relativa al rifornimento, perché gli impianti a idrogeno sono effettivamente molto costosi (si parla di cifre che vanno dai 1,5 agli 1,8 milioni di euro ciascuno), problema che non sussiste quando invece si parla di elettrico.
Sì, i vantaggi dell’idrogeno esistono e devono essere ricercati nei tempi di rifornimento.
Se, infatti, un’auto elettrica può essere tranquillamente ricaricata la notte e a bassa potenza, lo stesso discorso non si può fare per camion e mezzi pesanti, la cui priorità è una ricarica veloce ed efficiente.
L’idrogeno garantisce proprio questo, diventando quindi una risorsa molto interessante per la logistica.
I camion e i tir, infatti, rappresentano circa il 2% della circolazione europea, ma hanno tutto un altro peso in termini di inquinamento, contribuendo al peggioramento della qualità dell’aria che respiriamo per il 22%.
Proprio per questo motivo entra in gioco un progetto europeo che prevede l'installazione di una stazione di servizio ogni 200 chilometri sui corridoi continentali.
Ovviamente i rischi sono tanti e la strada da percorrere è piuttosto lunga.
In Italia, per esempio, esiste solo una stazione di rifornimento per veicoli a idrogeno ed è situata a Bolzano dal 2012.
L’intenzione è quella di implementare le stazione di rifornimento entro il 2024, migliorando anche il processo di approvvigionamento nelle stesse.
Nel PNRR di recente emanazione del Governo Draghi sono previsti fondi proprio per questo tipo di lavori.
Il resto è tutta una questione di tempo.
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