Le esportazioni dell'UE in Cina nel 2020 sono ammontate a 202,5 miliardi di euro, mentre le importazioni hanno raggiunto i 383,5 miliardi di euro. La Cina è diventata l'unico paese ad aumentare sia le esportazioni che le importazioni nell'Unione Europea....
Il 2020 è stato un anno terribile sul piano commerciale globale, fortemente influenzato dalla pandemia di coronavirus. Eppure il commercio UE-Cina è cresciuto mentre le importazioni e le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite drasticamente rispetto al 2019. Lo raccontano i dati pubblicati lunedì dall'ufficio statistico dell'UE Eurostat. La pandemia ha colpito duramente il commercio transatlantico, con le esportazioni di merci europee negli Stati Uniti in calo dell'8,2% su base annua. Le importazioni sono diminuite del 13,2%. Va aggiunto che non solo la Cina ha surclassato gli U.S.A. come partner commerciale dell’Unione Europea, ma anche il commercio dell'UE con il resto del mondo è diminuito drasticamente (in calo del 9,4% in termini di esportazioni e in calo dell'11,6% in termini di importazioni rispetto al 2019 ).
Le esportazioni dell'UE in Cina nel 2020 sono ammontate a 202,5 miliardi di euro, mentre le importazioni hanno raggiunto i 383,5 miliardi di euro. La Cina è diventata l'unico paese ad aumentare sia le esportazioni che le importazioni nell'Unione Europea durante la pandemia. Secondo i dati pubblicati dall'ufficio statistico dell'Unione europea, Eurostat, le importazioni del blocco di 27 nazioni dalla Cina hanno raggiunto i 383,5 miliardi di euro (465,6 miliardi di dollari) nel 2020, aumentando del 5,6% su base annua. Le esportazioni sono aumentate del 2,2%, raggiungendo i 202,5 miliardi di euro (245,9 miliardi di dollari). La crisi del coronavirus ha colpito il commercio globale, con il mercato dell'UE e l'area dell'euro che hanno subito un calo di quasi il 10% sia delle esportazioni che delle importazioni. Tuttavia anche quando l'impatto della pandemia diminuirà, il commercio UE-Cina sarà destinato a espandersi ulteriormente. A dicembre, infatti, Bruxelles e Pechino hanno concordato "in linea di principio" un accordo di investimento negoziato a lungo. Il patto è impostato per dare alle loro aziende un maggiore accesso ai reciproci mercati. Il comunicato di Eurostat lunedì ha coinciso con i dati ufficiali della Cina pubblicati a metà gennaio, che hanno mostrato che il commercio con l'UE è cresciuto del 5,3% a 4495,77 miliardi di yuan, o quasi 600 miliardi di euro, nel 2020. Il risultato parla pienamente della "forte resilienza e importanza della cooperazione economica e commerciale Cina-UE", ha detto Zhang Ming, capo della missione cinese presso l'UE, in un webinar il mese scorso con il thinktank europeo, Friends of Europe.
Su questi numeri, tuttavia, si staglia l’ombra del regime comunista cinese che continua ad avere un’agenda eticamente e politicamente incompatibile con l’Europa. Dalle questioni tibetane, di Taiwan e di Hong Kong al rispetto dei diritti umani, in termini di commercio e produzione non si può continuare a fingere di fronte al genocidio degli uiguri e al loro sfruttamento in campi di lavoro forzato Xinjiang. Dato il ruolo che questa regione ha nella rete della catena di approvvigionamento internazionale esiste un rischio reale che le imprese e gli enti pubblici in tutto il mondo, involontariamente o meno, si riforniscano da fornitori che sono complici nell'uso del lavoro forzato. Di recente gli Stati Uniti hanno imposto il ban delle importazioni di tutti i prodotti a base di cotone e pomodoro dalla Cina, perché è ragionevole stimare che circa il 90% di questi prodotti esportati dal regime cinese, provengano proprio dallo Xinjiang dove sono sottoposti al lavoro forzato i deportati della minoranza uigura.
Il mese scorso il Governo conservatore di Boris Johnson ha annunciato che anche le aziende britanniche dovranno affrontare multe salate a meno che non possano dimostrare che le loro catene di approvvigionamento sono libere dal lavoro forzato.
D’altronde da un paio d’anni il governo britannico è in rotta con quello cinese per la repressione del movimento pro-democrazia a Hong Kong e ora Londra e Whashington vanno allineandosi, insieme ad altri governi occidentali, nel contrapporsi alla costante crescita della potenza asiatica.
Per la UE restano i tanti nodi irrisolti e le posizioni troppo morbide nei confronti di un partner commerciale con cui si sta stringendo in un abbraccio che lascia non pochi dubbi.
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