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Contratti nazionali, statuti, criticità e inclusione, ma le sanzioni, solo dopo…

I contratti nazionali ordinano unicamente gli aspetti della vita aziendale, ignorando quelli etico-sociali che invece, assumono oggi, un aspetto fondamentale per la sopravvivenza di un progetto lavorativo.

Invero, all’interno di un organismo aziendale, sono presenti alcuni collaboratori subordinati e non che provengono da tradizioni e culture di gran lunga dissimili tra loro, di conseguenza, possono accadere degli equivoci che possono diventare veri e propri danni all’azienda e alla suo brand.

Proprio per questi motivi è nata l’esigenza di fornire alle aziende una traccia d’inclusione facente parte del famoso “codice di comportamento”, sempre rammentando che, la presenza di un codice  non è forzata bensì discrezionale.

Se è discrezionale allora dobbiamo essere lungimiranti e se siamo manager, dobbiamo, ovvero, abbiamo il dovere di prevenire tutte quelle conseguenze, bloccando le cause.

Ma cose si scrive un codice che sia inclusivo e non esclusivo?

Semplice, basta consultare la pianificazione nazionale di un determinato settore.

Fissare poi le regole etiche e sociali proprie di una determinata azienda o ente non è difficile se si seguono la logica e il buonsenso.

In terza battuta, per far si che la regola morale diventi un’idea collettiva da perseguire quale obiettivo sociale, allora c’è bisogno di identificare una adeguata modalità di comunicazione dei contenuti propri del codice affinché il suo contenuto diventi parte della mentalità del collaboratore (e della fascia dirigenziale), quale vera e propria opportunità di crescita e non un obbligo.

Mi sento in dovere di suggerire che per poter scrivere giustamente un codice etico e morale, bisogna effettuare prima di tutto un’impegnata analisi della struttura per la quale si vogliono fissare le regole e che queste non siano fissate in palese contraddizione come spesso accade.

Individuata la struttura nel suo complesso, gli organi aziendali designati a questo compito avanzeranno una serie di definizioni che dovranno essere rispettate.

Ovviamente chi fissa le regole, sarà il primo a rispettarle.

Solo dopo aver fissato (e rispetto per primi le regole) bisognerà circoscrivere le varie sanzioni per chi non rispetterà le regole sia morali che sociali all’interno e all’esterno (laddove è necessario) dell’amministrazione, azienda, società, struttura per la quale si opera.

Ed è bene comprendere che siano stabiliti in parallelo i diritti e i doveri e solo poi le sanzioni, perché è questo il principio del diritto.

Diritto, nel lessico giuridico, è l'insieme delle norme giuridiche presenti in un ordinamento giuridico e/o delle norme giuridiche che regolano una determinata disciplina, ma anche un sinonimo di potere o facoltà.

Per estensione come diritto si indica anche la scienza che studia le norme giuridiche e le fonti giuridiche ma a noi piace interpretare quello che riguarda la parte relativa al “sinonimo di potere o facoltà.”

Per non trascendere, per non oltrepassare la sottile linea di demarcazione fra prevaricazione e possibilità, adotteremo il sostantivo “facoltà” e non “potere”, quale unico metro di misura d’applicazione del diritto e delle norme, financo quelle disciplinari.

Se le norme sono chiare, se tutto il lavoro centrale è finalizzato al benessere sociale e all’inclusione generale, non si avrà mai la necessità di sanzionare bensì, quella di premiare.