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Il modello confederale che serve alla nuova Europa

Image by Hands off my tags! Michael Gaida from Pixabay

L'Unione Europea di Spinelli: liberista in economia, ma con un meccanismo pervasivamente socialista che annulla le identità nazionali. Ripetuti fallimenti, come nella gestione del Covid....

In questo momento di grande polarizzazione politica in Europa e nel mondo ci sono pochi temi sui quali ancora si può trovare un consenso universale e trasversale. Tra questi si può certamente annoverare l’appartenenza di tutte le nazioni del nostro continente ad una civiltà comune, che ha avuto una sua evoluzione culturale ed è passata attraverso gli stessi cicli storici e politici. La scelta divisiva, in questo caso, potrebbe se mai essere quella di porre l’accento su un momento come più identificativo di un altro (ad esempio contrapponendo cristianesimo ed illuminismo) per dare una connotazione allo spirito europeo più vicina o lontana alla nostra identità. La questione è di estrema attualità ora che è in discussione il futuro dell’Unione Europea, ossia di un’istituzione che vorrebbe (dovrebbe) rappresentare la sintesi di questa lunga storia comune. Ma da grandi speranze, si sa, arrivano grandi delusioni. L’Unione Europea per come si è concretizzata è un organo tecnico attento a politiche commerciali o pareggi di bilancio e non una sintesi dell’unione tra nazioni.

L'Unione Europea di Spinelli: liberista in economia, ma con un meccanismo pervasivamente socialista che annulla le identità nazionali. Ripetuti fallimenti, come nella gestione del Covid.

Qualcuno, nel corso degli anni, ha ipotizzato che a questa grande macchina di presunta efficienza economica si potesse affiancare uno Stato pervasivamente socialista, pronto ad aprire le porte ad un superamento dell’identità nazionale e da ultimo dell’identità tout court. Questo è il pensiero del Federalismo Europeo di Altiero Spinelli, il quale prende l’Europa, in perfetta continuità con l’estrazione comunista del proponente, solo come terreno casuale di un grande esperimento per future forme di governo mondiali. Molti esponenti politici del continente sono stati attratti dal pensiero federalista, arrivando ad uniformare leggi e regolamenti sempre a vantaggio, prevedibilmente, degli Stati più forti dell’Unione. Ma quando il sogno uniformatore spinelliano ha incontrato l’ondata liberista e la realpolitik franco-tedesca si è in realtà creato un meccanismo paradossale, alla base di grandi e ripetuti fallimenti, da ultimo nel caso del Covid.

Il modello confederale di Giorgia Meloni ed ECR party: nazioni sovrane che cooperano, ma interesse nazionale resta al di sopra della volontà centrale.

Come sottolineato da Giorgia Meloni e dall’ECR tuttavia c’è un altro modello possibile, alternativo a quello attuale e all’incubo-esperimento federalista, ossia il modello confederale. Questo modello manca di una definizione univoca, ma può essere definito come un esempio di organizzazione in cui la sovranità ultima rimane nelle mani degli Stati che fanno parte del blocco, con la possibilità di porre in alcune materie l’interesse nazionale al di sopra della volontà centrale. Alcuni esempi di modelli confederali rivelano in realtà ciò che può essere considerato un modello federale sano (quindi non federalista) in cui le nazioni che fanno parte della confederazione decidono autonomamente sulle questioni di ordine interno ma cooperano e si fanno rappresentare dagli organi centrali all’esterno. Questo vuol dire che su alcune grandi questioni, come il coordinamento delle forze armate, la politica estera, la politica monetaria, la strategia spaziale o l’immigrazione, gli organi centrali trovano tra i membri una linea comune, mentre sulle materie nazionali, come le leggi per la cittadinanza, i diritti civili, i sussidi alle imprese o la produzione industriale, le nazioni decidono autonomamente. La confederazione svizzera funziona in questo modo, affiancando ad un governo centrale poco invasivo ma fortemente identitario una perfetta alternanza linguistica che permette, eventualmente, anche la secessione dei suoi membri. Il Regno Unito, pur avendo un meccanismo particolare (devolution) e sbilanciato verso l’Inghilterra, garantisce l’esistenza di governi locali e anche sistemi giudiziari diversi. Altri modelli confederali forti, come il Canada, hanno adottato un modello misto in cui il diritto alla secessione viene reso difficile ma non negato. Questo modello di unione, identitario e volontario, è quindi possibile e, vista la storia europea, sicuramente auspicabile.

La confederazione garantisce il diritto alla sovranità di un popolo su un territorio.

Chi osteggia le proposte dell’ECR sostiene che la confederazione così formata sarebbe debole e soggetta ai capricci delle nazioni. Ovviamente quelli che sono chiamati capricci sono diritti alla sovranità di un popolo su un territorio, mentre l’accusa di debolezza si commenta da sola visto l’assenza totale, dopo più di venti anni, di una politica estera e di difesa comune. Ad ogni modo giova ricordare che il problema del veto nazionale è un falso problema: la questione vera è sostituire alla logica di convenienza attuale (sto in un sistema fin quando mi conviene) una logica identitaria (sto in un sistema perché mi rappresenta). Solo intervenendo su questo, e quindi il senso di appartenenza, si potrà creare una struttura europea solida ed efficace, capace di affrontare i periodi di crescita e quelli di crisi, e soprattutto di rispondere alle sfide tecnologiche e geopolitiche del nuovo millennio. Un’Europa che si occupa del presente e del futuro dei cittadini, e non solo di imporre la sua volontà su adozioni omosessuali e questioni di genere, saprà trovare quel consenso da parte dei cittadini e delle nazioni che l’Unione Europea ha ormai perso.