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Le sfide per la UE post Brexit alla luce della crisi Russo-Ucraina.

Ci si chiede, dunque, se l’Unione Europea saprà rispondere con forza alla crisi che la sta attraversando e se saprà dimostrare di essere più di un mercato comune, più di una moneta unica, più di un insieme di Trattati e regole decise a tavolino....

Il progetto di un’Europa unita, nel suo complesso sviluppo attraverso gli ultimi decenni, ha assicurato agli Stati membri pace interna, stabilità politica e prosperità economica. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, le Nazioni che per centinaia di anni si erano fronteggiate in sanguinose guerre, “da Scilla al Tanai, dall’uno all’altro mar”, hanno vissuto una fase di armoniosa cooperazione sul piano politico ed economico, che ha caratterizzato in maniera incisiva le relazioni europee. Dal primissimo Trattato sulla Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio del 1951 fino al Trattato di Lisbona del 2007, sempre più Stati hanno aderito a quella che oggi è l’Unione Europea, cedendo progressivamente sovranità agli organismi sovranazionali dei quali si compone.

Politici e politologi si sono lungamente interrogati non solo sul ruolo che l’Unione Europea debba avere sul piano internazionale ma anche e soprattutto su come questa particolare organizzazione, nata dalla volontà di sei Paesi fondatori ed arrivata a ricomprenderne ventotto (prima dell’uscita del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord), sia oggi percepita dai propri cittadini, che possono esprimere direttamente i propri rappresentanti all’interno del Parlamento Europeo.

Il Parlamento Europeo, assemblea parlamentare monocamerale che rappresenta pertanto i Popoli europei, è oggi composto da 705 rappresentati. Viene eletto ogni cinque anni, dal 1979, a suffragio universale. Esso è, dunque, l’istituzione europea per eccellenza, la prima menzionata nei Trattati, pur avendo ancora poteri limitati.

La Brexit, avvenuta il 31 gennaio 2020, ha rappresentato un importante spartiacque nell’integrazione europea poiché per la prima volta un Paese membro, il Regno Unito per l’appunto, ha fatto ricorso a quanto previsto dall’Art. 50 del TUE, avvalendosi del meccanismo di recesso volontario e unilaterale dall'Unione Europea.

Dopo un processo di unificazione durato più di mezzo secolo, l’Unione Europea ha visto concretizzarsi i timori degli europeisti e le speranze degli euroscettici. Parafrasando il Metternich, l’Europa è oggi più di una semplice espressione geografica? I Popoli europei si riconoscono nelle comuni radici latine e giudaico-cristiane di cui si è ampiamente dibattuto? I cittadini europei si sentono parte integrante dell’Unione, titolari degli stessi diritti e doveri? Esiste, dunque, una comune identità europea oppure si è ancora lontani dal poter immaginare l’Unione Europea come la madrepatria comune di tutti i Popoli che la abitano?

Ci si chiede, dunque, se l’Unione Europea saprà rispondere con forza alla crisi che la sta attraversando e se saprà dimostrare di essere più di un mercato comune, più di una moneta unica, più di un insieme di Trattati e regole decise a tavolino. Queste risposte sono fondamentali per comprendere non solo i motivi della crisi che il processo di integrazione sembra vivere ma anche per rispondere alle sfide che il futuro ci pone dinanzi. L’Unione Europea si trova a dover gestire una pandemia che ha messo in ginocchio il mondo intero e che, tuttavia, al proprio interno ha avuto contraccolpi assai diversi da Paese a Paese. Profonde differenze sussistono, infatti, tra gli Stati che compongono l’UE. Si considerino, poi, le differenze interne agli Stati stessi: esempio emblematico è l’Italia, con il nord del Paese tra le aree più ricche d’Europa ed il Sud con un reddito pro-capite inferiore alla media UE.

Complesse anche le relazioni internazionali, nelle quali l’UE stenta a trovare un proprio ruolo chiaro e, soprattutto, una dipendenza dagli Stati Uniti e dalla NATO.

Esplosa, negli ultimi tre anni, anche la questione della gestione dei flussi migratori che crea non pochi scontri tra gli Stati membri. Con la riconquista talebana dell’Afghanistan, inoltre, si acuisce nuovamente la minaccia degli attentati dell’Islam integralista.

Nelle ultime settimane, l’acuirsi delle tensioni tra Stati Uniti d’America e Federazione russa, potrebbe drammaticamente portare a far precipitare la crisi ucraina nell’abisso dello scontro militare. I colloqui di Ginevra, che si sono tenuti nei primi giorni di gennaio 2022, hanno portato ad un nulla di fatto. Gli appelli alla de-escalation ed alla pace di susseguono e la guerra va scongiurata ad ogni costo. Tuttavia, i “rischi” per l’Unione Europea sono anche altri, e non di poca importanza, a partire dal problema dell’approvvigionamento energetico. Se la Russia decidesse di chiudere i rubinetti del gas, l’Europa rimarrebbe al freddo e al buio per giorni, forse anche per settimane.

Cosa farà e come risponderà l’Unione Europea, senza una forte azione esterna? Senza una politica estera comune? Senza una politica di sicurezza e difesa? Per ora, l’Alto rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell, si è allineato alle posizioni espresse dal Segretario della NATO Jens Stoltenberg e a quelle americane.

In generale, l’UE appare spesso debole, dipendente da Paesi terzi, divisa su molte questioni strategiche, incapace di incarnare le aspettative dei propri cittadini.

Forse, dunque, è tempo di dare vita ad una nuova Europa, lontana dalla burocrazia e dai palazzi ma più rappresentativa della volontà dei Popoli, più rispettosa delle diversità nazionali, più coraggiosa e pronta a giocare un proprio ruolo da protagonista. L’Europa delle Patrie, di cui i conservatori parlano da decenni. Non una semplice espressione geografica ma una Comunità di destino.