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Marco D’Aniello è un ragazzo autistico di Taranto che nel 2019 ha conquistato il record italiano assoluto nella categoria Juniores 50 metri stile libero ai Campionati Nazionali della FISDIR.

Marco si è fatto spazio nel mondo tra fragilità e forza, difficoltà e soddisfazioni. Grazie all’amore della sua famiglia ha incanalato nello sport quell’energia ridondante che è uno dei sintomi dell’autismo. È salito sul gradino più alto del podio ed è diventato un portatore sano di felicità che dispensa abbracci e sorrisi in linea con il suo hashtag rivoluzionario, #tristezzazero. Non solo, Marco sogna e scopre che a volte i desideri si realizzano.

Da bambino inquieto e irrequieto è diventato un esempio, un fuoriclasse nel nuoto.

Ma il vissuto suo e dei suoi familiari racchiude un bagaglio di esperienze: per loro ogni giorno è stato una conquista e una battaglia. Di autismo vent'anni fa se ne parlava poco, con inevitabili ripercussioni sulla diagnosi e sulle terapie e il contesto sociale non è stato sempre positivo: Marco è stato vittima di bullismo, la sua strada non è stata sempre in discesa, anzi.

Oggi Marco è un campione di nuoto, è entusiasta della vita, è inserito socialmente. Le tappe fondamentali dei suoi primi 22 anni sono raccontate dalla giornalista Rossella Montemurro nel volume Il mio tuffo nei sogni. Marco D’Aniello, una storia di sport e amicizia (Altrimedia Edizioni, prefazione di Mara Venier).

Il periodo della pandemia ci ha trovato tutti impreparati. Immagino il suo disorientamento ma so che lei è forte e coraggioso. Il suo motto è #tristezzazero… Chiediamo a Cinzia, la mamma di Marco, come ha vissuto Marco il lockdown?

Il primo lockdown ha colto tutti di sorpresa. Non ce lo aspettavamo e non sapevamo a cosa andavamo incontro. Inizialmente Marco è stato sereno, un po' come una festa. Il fatto di stare a casa insieme (io lavoro e quindi di solito non sono così presente) ci ha permesso di fare cose che normalmente insieme non riusciamo mai a fare. È stata quasi una vacanza. Chiaramente Marco era molto preso dalle notizie, da quello che stava succedendo e cresceva in lui la consapevolezza di star facendo la cosa giusta: bisognava rimanere a casa e proteggersi.

Nel secondo lockdown, con una maggiore attenzione alle regole, è stato un po' più duro, c'è stata un po' di insofferenza. Marco aveva voglia di uscire, di tornare in piscina e in palestra, vedere il suo amico Giuseppe con cui condivide tante passioni. Dopo l'estate scorsa è stato inevitabile essere più rigidi. Gli sono mancati il contatto sociale, la passeggiata, la pizza fuori… Gli sono mancati tanto anche i bambini, che ama molto e che incontrava in un centro di terapia ABA, la cooperativa Logos.

Nel secondo lockdown faceva tutto "per dovere" e non c'era spazio per altre cose. Marco ha cercato di non mollare anche se ci sono stati tanti momenti di depressione, di tristezza. Non è stato facile riuscire a superarli ma con la sua voglia di star bene, la preghiera e il nostro amore piano piano le cose si sono risolte.

Da atleta in che modo ha continuato ad allenarsi durante la quarantena?

Nel primo lockdown Marco ha continuato comunque ad allenarsi online con la palestra mentre con la piscina non si è potuto fare nulla. Nel secondo lockdown, da quando hanno riaperto le strutture sportive, lui che è un agonista ha potuto allenarsi anche in piscina.

Qual è il sogno che vorrebbe realizzare e cosa vorrebbe chiedere alla politica per renderla più attenta alle esigenze delle persone e più vicina alla vita dei cittadini perché questa ripartenza possa essere davvero bella per tutti?

Marco sogna le Paralimpiadi: si spera che possa ottenere buoni risultati in tutte le gare necessarie alla qualificazione. Ultimamente ha anche espresso il desiderio di tornare a studiare, a settembre probabilmente si iscriverà all'università, facoltà di Scienze motorie.

Sicuramente alla politica bisognerebbe chiedere più sostegni alla famiglia e non solo dal punto di vista economico. Esistono varie forme di autismo - leggera, media e grave - ci sono ragazzi che non parlano, ci sono stereotipie che sono problematiche. È stato molto difficile per le famiglie che hanno dovuto interrompere le terapie, interrompere lo sport che è una valvola di sfogo e un modo per i ragazzi di sentirsi a proprio agio. Bisognerebbe creare sportelli di ascolto per accogliere chi ha familiari con queste problematiche, valutare le singole esigenze e cercare di dislocare ogni famiglia aiutandola e indirizzandola dove è meglio. Nel lockdown le famiglie con ragazzi con disabilità sono state praticamente abbandonate. Nel nostro caso Marco è un agonista e ha potuto continuare gli allenamenti ma tanti ragazzi non agonisti che praticano sport per un discorso di salute e benessere psicofisico sono rimasti a casa ed è stato un dramma: tra i genitori c'era chi ha dovuto continuare a lavorare in smartworking, chi è dovuto andare a lavorare in presenza ed è stato difficile avere la possibilità di accudire i propri figli, anche perché non si possono lasciare a chiunque. 

Ci sono stati i "buoni babysitter" ma non tutte le babysitter sono specializzate nel tenere i bambini o i ragazzi autistici. Sono necessarie strutture idonee ad accogliere le esigenze di queste famiglie, bisogna mettere a disposizione operatori preparati, professionisti e non semplici babysitter. È indispensabile investire di più su figure professionali importanti sia nelle scuole sia nella vita di tutti giorni.