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Una corretta individuazione dei casi di violenza di genere e la corretta risposta.

Le donne che hanno già deciso di chiedere aiuto per uscire da una relazione violenta si presentano nei centri antiviolenza, nei consultori e alle forze dell'ordine, mentre ad esempio, in palestra, in comitiva, fra amici e in un pronto soccorso talvolta ci sono e arrivano donne diverse, non meno sofferenti, del tutto incapaci di identificarsi come vittime, poiché incredule di ciò che le sta capitando.

Sono persone  fragili che non  riescono  ad accettare la loro pena che ad una domanda precisa, magari sull’origine di un livido, raccontano storie di irrealizzabili cadute casuali o di classici incidenti domestici.

Queste sono donne che non riuscirebbero mai e poi mai a pronunciare la parola “violenza sessuale” o “violenza in famiglia” per rappresentare rapporti comandati e subiti ed ancora le minacce e le percosse ricevute da parte del proprio marito, compagno, partner.

Peggio ancora quando le minacce e le percosse arrivano ai figli, per di più se minori.

È davvero molto molto infrequente che le vittime accettino subito le nostre proposte di risoluzione, sicuramente per paura ma, la possibilità di potergli indicare che esiste una strada maestra che potrebbe restituirgli la vita e la libertà, oltre quelle barriere, limiti e confini che la violenza gli ha annullato man mano che veniva subita in silenzio, potrebbe essere una luce in fondo al tunnel

Noi come società, abbiamo il dovere e il diritto di restituire a chi è più debole l’immagine di un’integrità fisica ancora presente o comunque recuperabile e aiutare a superare il senso di spezzettamento psicofisico che la violenza causa senza pietà in ogni individuo inerme che la riceve.

Dominano purtroppo la paura, gli impulsi d’inadeguatezza, l’orrore per i rapporti sociali, il distacco dalla realtà, l’assenza di reattività emotiva, la perenne percezione di una feroce confusione mentale, ancor più grave le patologie annesse come l’amnesia dissociativa, l’incapacità di ricordare aspetti importanti del trauma e il costante rivissuto dell’evento traumatizzante.

Questa non è vita, questa è sopravvivere senza speranza.

Noi possiamo, con le nostre campagne di sensibilizzazione  e paralleli progetti di tutela e reinserimento, aiutare a denunciare e contrastare la violenza di genere attraverso le reti territoriali tramite la perenzione.

Non  possiamo permettere che oggi esistano in una persona debole incubi, flash-back, sintomi di ansia, stato di allerta perenne, ipervigilanza, insonnia, insufficienza alla concentrazione, nervosismo, riscontri esagerati per ogni segnale di pericolo, pianto, malinconia e la persistente panico, o peggio, il terrore di conseguenze imminenti e future, perché oggi siamo in grado di prevenire, intercettare, intervenire, interagire, contrastare e proteggere chiunque, affinché ogni essere umano possa vivere serenamente con una buona qualità della vita.

È importante porre una particolare attenzione alle persone che incontriamo, che ci orbitano intorno che vediamo quotidianamente o saltuariamente perché ognuno di noi è ambasciatore dei valori del buon vivere in società, perché ognuno di noi è rappresentante della qualità di una vita serena ed abbiamo l’obbligo sociale, morale e umano di aiutare chi è più debole.

Chi è forte aiuta se stesso, chi è più forte aiuta gli altri.