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ABOLIZIONE DEL VINCOLO SPORTIVO: QUALI SARANNO LE RIPERCUSSIONI SULLE ASSOCIAZIONI?

Il Governo esulta, il mondo dell’associazionismo sportivo dilettantistico e delle Federazioni no. I 5 decreti della legge delega, presentati proprio dall’ex Ministro per le Politiche giovanili e lo Sport durante il governo Conte bis, alla fine sono stati accolti e approvati dal Consiglio dei Ministri. All’ultimo respiro, si potrebbe dire. La delega, infatti, scadeva domenica 28 febbraio. Nella riforma, che piace tanto ai politici e meno ai rappresentanti di un settore che è in crisi e che è stato gravemente colpito dalla pandemia e dalle misure restrittive imposte dai vari decreti della presidenza del consiglio dei ministri, sono incluse le tutele previdenziali e assicurative per i collaboratori sportivi, indipendentemente dal fatto che essi siano professionisti o dilettanti, c’è la spinta per velocizzare il professionismo femminile, è presente quell’apertura che il Comitato Italiano Paralimpico attendeva da 20 anni e che consente agli atleti paralimpici di far par parte dei gruppi sportivi militari, sono comprese norme per tutelare la sicurezza e la salute degli animali nelle competizioni, è prevista l’obbligatorietà del casco sulle piste da sci anche per chi ha più di 14 anni di età e c’è la tanto strombazzata abolizione del vincolo sportivo.

Ma come si deve interpretare l’abolizione del vincolo sportivo? Quali potranno essere gli scenari futuri in assenza della firma sul cartellino? Produrrà effetti positivi sul mondo dello sport? L’opinione dei dirigenti sportivi, in questo momento storico e nel bel mezzo di una crisi senza fine che sta mettendo in ginocchio lo sport di base, è che l’abolizione del vincolo rischia di essere un colpo duro da digerire e da assorbire, soprattutto per le società che fanno crescere gli atleti. I vivai delle società di calcio, basket, pallavolo o pallanuoto, solo per citare alcuni sport di squadra, potrebbero subire danni inimmaginabili. Se da una parte gli atleti sono liberi di poter decidere dove e con chi svolgere l’attività sportiva, dall’altra i dirigenti delle società potrebbero essere portati a non investire più risorse ingenti o importanti nei settori giovanili, sapendo che i loro ragazzi e le loro ragazze a fine stagione potranno accasarsi ovunque. Con un simile scenario vengono meno pure le premesse di una programmazione a lungo termine. Per le società e i club sportivi non avrebbe alcun senso impostare un cammino di crescita sportiva con una determinata leva sportiva, perché questa, dopo una sola stagione, potrebbe ritrovarsi in un’altra associazione. Certo, c’è il premio di formazione che viene elargito alla ASD o SSD che ha “allevato” il talento o il giovane atleta. Ma non è ancora chiaro né a quanto ammonterà, né si conoscono i criteri che determineranno la cifra da versare al sodalizio sportivo formatore. È facile ipotizzare che, in assenza di ricavi importanti determinati dalla cessione di un ragazzo o di una ragazza ad un’altra società, i club possano aumentare le rette agonistiche, andando a gravare sui bilanci delle famiglie.

La riforma dello sport, forse, avrebbe meritato un’attenzione maggiore. Per certi versi, come nel caso del vincolo sportivo, infierisce su quelle realtà che avranno bisogno di tempo, anni, per superare i danni dell’emergenza sanitaria. Ma in assenza di un Ministro per lo Sport o di un interlocutore che abbia ricevuto dal presidente Draghi la delega, questo è il risultato.