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Ammortizzatori sociali: sì, no, forse

Gli ammortizzatori sociali sono una priorità della politica italiana? Alla luce della situazione pandemica che ancora incombe sul nostro Paese, è evidente che gli ammortizzatori sociali (e soprattutto una loro riforma) sia ormai improcrastinabile, soprattutto nell’ottica della semplificazione delle procedure che troppo spesso ne vanificano la ratio. Perché se è vero che gli ammortizzatori sociali in alcuni casi creano una società fin troppo assistenzialista, è pur vero che le politiche attive del lavoro a causa del lockdown si sono bloccate.

Ecco perché, in questo momento, l'una non esclude l'altra: gli ammortizzatori sociali devono rappresentare quella spinta propulsiva per il mondo dell'economia reale; il sistema delle politiche attive del lavoro, rimaste al palo dopo le criticità legate al reddito di cittadinanza e ai centri per l’impiego, devono tornare al centro del dibattito politico per cementificare gli sforzi provenienti dagli ammortizzatori. Avviando un’integrazione più strutturata fra soggetti pubblici e privati, in aggiunta a una revisione degli strumenti che possono favorire la formazione e la riqualificazione del lavoratore espulso dal mercato, infatti, potremmo tornare a livelli pre-covid in ambito occupazionale. A patto che gli interventi siano concreti e strutturali e non più temporanei: solo così sarà possibile il rilancio economico e sociale del nostro Paese.

Per evitare che tutto questo possa rimanere lettera morta, la semplificazione è d'obbligo: muovendosi sul filo delle regole ferme, snellendo le procedure e rendendole comprensibili, avvalendosi di una pubblica amministrazione che si basi su efficienza e accessibilità per un dialogo più performante fra i cittadini, lo Stato e i professionisti intermediari. Dall'inizio della pandemia, infatti, i consulenti del lavoro hanno dovuto “combattere” con oltre venti Dpcm e altrettanti decreti di concessione degli ammortizzatori sociali; di questi ultimi, abbiamo ad oggi oltre venti modi diversi di presentare le istanze per il medesimo sussidio. Ecco perché qui deve “entrare in gioco” la normativa che faccia una sintesi e armonizzi i sempre più difficili rapporti fra Ministero del Lavoro e Inps, grazie anche ai fondi del Recovery Plan: nel testo, infatti, sono contenute moltissime proposte utili a una rapida ripartenza economica (sempre che le condizioni create siano idonee).

Di grande importanza, inoltre, sarà l’incremento degli investimenti infrastrutturali - oltre a una più decisa partecipazione dei professionisti - per il rilancio economico e sociale del Paese insieme a uno sviluppo più equo e sostenibile. Si potrebbe già dare una svolta con il finanziamento di moltissime opere, piccole e grandi, che sono necessarie ai Comuni e che sono bloccate per il deficit di coperture. Se si dà appoggio agli Enti locali con finanziamenti ai progetti pronti, infatti, l’economia reale di migliaia di città ripartirebbe. Insieme al mondo del lavoro.