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Comparto turismo, serve un aiuto strutturale prima che sia troppo tardi

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L’Italia, con il suo patrimonio artistico e le bellezze del territorio è da una delle principali mete turistiche mondiali. Nel 2019 il fatturato relativo al comparto turistico italiano è stato superiore ai 40 miliardi di Euro, pari al 13% del Pil e con un numero di occupati di oltre 4 milioni e 200 mila. Un settore quindi strategico ed indispensabile per la nostra economia.

D’altronde, come emerge da una recente indagine pubblicata dal World Travel and Tourism Council (WTTC), il turismo rappresenta il 9,5% del Pil dell’unione Europea e l’11,2 dell’occupazione.

La crisi scatenata dall’emergenza Covid-19 ha creato una situazione drammatica per questo comparto, situazione che non sembra destinata a risolversi nel breve periodo.

Uno studio dell’Organizzazione mondiale del turismo (World Tourism Organization, UNWTO),ha ipotizzato come i flussi turistici internazionali nel 2020 registrerebbero una caduta compresa tra il 58 e il 78%, una percentuale capace di mettere in ginocchio qualsiasi settore e che potrebbe protrasi a tutta la prima parte del 2021.

Per far fronte a quella che si preannucia come una vera e propria catastrofe annunciata, i governi dei paesi più colpiti hanno messo in atto delle contromisure per cercare almeno di attutire il colpo e salvaguardare le aziende di settore dal fallimento.

La spagna ha già stanziato 4.5 miliardi per il settore e si prepara ad un adeguamento della cifra, la Francia ha messo in campo ben 18 miliardi complessivi, la Germania con gli oltre 600 miliardi complessivi a sostegno dei settori colpiti dalla pandemia ha riservato una fetta consistente al comparto del turismo, a partire dal salvataggio della compagnia aerea TUI.

E l’Italia? Al momento, dopo un primo stanziamento di circa due miliardi, sembra esserci poca attenzione per questo settore. Nonostante la sua strategicità infatti anche nel prospetto programmatico del recovery fund la quota per questo settore è dell’1.6% pari a circa 3.6 miliardi, davvero poco se si pensa alle perdite accusate e a quanto sia fondamentale per la nostra economia.

Inoltre la confusione generata dalle recenti disposizioni sul natale, sembrano essere il preludio al colpo di grazia per gli operatori del settore, specie quelli della ristorazione. L’analisi dei dati italiani è impietosa e sconcertante al tempo stesso: visitatori internazionali in diminuzione del 68%, perdita previsionale del settore ricettività superiore a 23 miliardi, rischio chiusura per oltre il 30% delle attività di ristorazione, perdita del 48% del fatturato per la filiera dei produttori di vino, alimenti, e vettovaglie. A questo si aggiungano gli almeno 220mila posti di lavoro persi e una ripresa che riuscirà a dare frutti visibili solo nel 2023.

La gravità della suituazione è stata più volte sottolineata anche dagli esponenti di Fratelli d’Italia e dell’opposizione in generale, che hanno invocato misure diverse da interventi “tampone” come quelli realizzati fino ad oggi e azioni che possano consentire una programmaticità a breve termine.

Ciò che infatti lamentono le associazioni di categoria è da un lato la scarsità degli aiuti messi in campo, dall’altro l’assenza di programmazione e stanziamento di fondi destinati non alla fase emergenziale ma a quella di rilancio e recupero.

L’augurio è che possa prevalere il buon senso e che il governo dia ascolto a un comparto che, come detto, rappresenta più del 13% del pil.