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Il pluralismo dell’informazione: condizione imprescindibile in un paese democratico

La libertà di manifestazione del pensiero, sancita dall’articolo 21 della Costituzione, è uno dei principi cardine delle società democratiche. Chiunque ha diritto ad esprimere la propria opinione, nei limiti del rispetto del buon costume, e allo stesso modo tutti i cittadini hanno il diritto ad essere informati in modo corretto e completo. Questa è una conditio sine qua non affinché gli individui che compongono la società possano sviluppare un pensiero critico e indipendente ed esercitare liberamente il proprio potere espresso attraverso un altro diritto/dovere inalienabile, quello al voto.

Strettamente connesso con la libertà di espressione e di essere informati quindi è un altro concetto fondamentale, quello della pluralità dell’informazione. Senza questa infatti viene meno il principio democratico della sovranità al popolo.

Nella società del web, dove chiunque in possesso di un tablet o di uno smartphone potenzialmente può dar voce al proprio pensiero e all’interno della quale i social network sembrano essere diventati i novelli mezzi di informazione, in realtà è quanto mai fondamentale che il principio della pluralità dell’informazione sia tutelato e garantito.

Resta quindi fondamentale il ruolo dell’informazione, quella “ufficiale”, quella che proviene dai giornali, dalle radio e dalle televisioni, ovvero quei mezzi di comunicazione in mano a esperti del settore, il cui compito è quello di fornire alla popolazione un’informazione corretta e imparziale dei fatti che riguardano il Paese.

E chi, se non il servizio pubblico, dovrebbe incarnare questo principio? Il ruolo della Tv di Stato deve essere quello di dare spazio a tutte le differenti tendenze politiche, garantire l’accesso alle più rilevanti formazioni espressione del pluralismo sociale e concorrere allo sviluppo sociale e culturale del paese. Dubbi circa la capacita del servizio pubblico di continuare a garantire il rispetto di questo incarico arrivano in seguito alla recente elezione dell’ultimo Consiglio di Amministrazione della Rai (la cui composizione è stabilita quasi interamente dalla politica), organo a cui tra i vari compiti spetta il parere sulla nomina dei direttori di rete, di canale e di testata e a cui viene sottoposta l'approvazione del piano editoriale. L’estromissione dal nuovo CdA di Fratelli d’Italia, l’unico partito attualmente non al Governo, è un fatto gravissimo per la sua leader Giorgia Meloni: “Quando l'Italia era ancora una Nazione democratica la governance della Rai, l'emittente pubblica, contemplava la presenza dell'opposizione, a cui spettava la Presidenza e la presenza nel Cda. Nell'epoca della maggioranza arcobaleno, invece, Fratelli d'Italia - unico partito di opposizione e secondo molti sondaggi primo partito italiano - viene epurato da qualsiasi rappresentanza, così che il servizio pubblico, pagato con i soldi di tutti gli italiani, sia più simile al modello cinese che a quello di una qualsiasi Nazione democratica. I partiti che sostengono Draghi, negando per la prima volta nella storia il diritto di rappresentanza all'opposizione, hanno scritto una delle pagine più buie della storia della Repubblica Italiana. Evidentemente la nostra crescita fa così tanta paura da giustificare la spudorata violazione dei più basilari principi democratici. Ma se facciamo così paura è perché siamo liberi: questa è una buona notizia e una ragione in più per continuare a batterci”.