C’è il Ministero della transizione ecologica. Ci sono, giustamente, i dicasteri dedicati all’innovazione tecnologica e alla disabilità. Ed il Ministero del turismo, come era prevedibile, è stato scorporato dalla cultura. Nel cosiddetto Governo dei migliori, però, manca un Ministro per lo sport. Scelta strategica? Dimenticanza? Un segnale di una maggiore autonomia al CONI? La scelta di Mario Draghi è di difficile interpretazione, soprattutto vista e considerata la situazione attuale. Eppure, l’ex governatore della Banca d’Italia è una persona che gode di una credibilità assoluta ed è descritto come un uomo che strizza l’occhio allo sport. Ma nella sua lista dei 23, di cui 8 tecnici e 9 riconfermati, manca una figura di riferimento che dovrebbe traghettare le realtà del panorama sportivo fuori dalla crisi generata dal coronavirus.
Un settore che non produce soltanto punti di PIL ma che promuove il benessere psico-fisico dei cittadini, che permette alle Regioni e allo Stato di abbattere la spesa sanitaria, che favorisce l’inclusione e la coesione sociale, che fornisce occasioni di riscatto, che ricopre una straordinaria forza sociale, soprattutto per chi vive ai margini della società o rientra tra le fasce più deboli della popolazione, avrebbe meritato maggiore dignità, considerazione e tutela. Non avere un Ministro dello sport, in questo preciso momento storico e sociale, equivale ad una mancanza di rispetto nei confronti di quel milione di lavoratori del comparto che rischiano di rimanere senza un’occupazione e di quelle migliaia di associazioni o società sportive dilettantistiche che sono prossime alla chiusura. L’emergenza sanitaria e le conseguenti restrizioni emanate per impedire al virus di diffondersi velocemente nella popolazione hanno messo in ginocchio il settore, uno tra i più colpiti insieme alla cultura e all’intrattenimento. Secondo alcuni studi, non basteranno tre anni per ritornare ad una situazione pre-covid19. Tra eventi annullati, legittimo calo delle sponsorizzazioni e mancati introiti dovuti alle chiusure, il 2020 dello sport dal punto di vista finanziario potrebbe aver superato i tre miliardi di perdite. Per risollevare un comparto che presenta una simile situazione, servirebbero una nuova visione d’insieme e una bella iniezione di liquidità, oltre che di fiducia. Nella bozza del Recovery Plan, che dovrà essere rivisto e riscritto dal Governo Draghi, allo sport erano stati riservati solo 700 milioni, suddivisi tra le varie voci. Dei 222 miliardi di fondi UE solo lo 0,3% sarebbe stato destinato ad un comparto che, considerate tutte le sue componenti, produce 10 volte tanto. Ma se nella lista dei 23 Ministri manca quella figura designata a definire obiettivi, priorità e programmi da attuare per l’area sportiva, chi avrà voce in capitolo? Chi si batterà per destinare maggiori fondi allo sport? Sarà lo stesso Presidente del Consiglio? Sarà il Sottosegretario alla Presidenza Roberto Garofoli, magari dopo aver ricevuto la delega, oppure sarà chiamata in causa una figura dell’attuale governo come la Ministra alle Politiche giovanili Fabiana Daidone, ripercorrendo la strada tracciata dal Conte bis con Vincenzo Spadafora?
Di sicuro, il mondo dello sport chiede soltanto una cosa: una figura competente in materia. Gaffe, scivoloni o autogol non possono essere tollerati da chi ha investito in un settore come quello sportivo, da chi promuove la salute ed il benessere attraverso la promozione sportiva e l’attività fisica, da chi si tiene semplicemente in forma o da chi pratica attività agonistica, da chi trova nell’esercizio fisico un momento ludico o uno strumento per veicolare valori positivi, da chi grazie allo sport ha un’opportunità di riscatto sociale e da tutti coloro che lo hanno a cuore. In pratica, da quel cospicuo esercito composto da oltre 20 milioni di italiani che praticano una sana attività fisica o uno sport.
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