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PNRR fa rima con riforme: ora o mai più

L'Abc del Pnrr e le riforme di cui il Paese ha bisogno in questo momento

La pandemia ha mostrato quanto l’Italia sia un Paese “di cristallo”, fragile nel sostenere alcune categorie, come donne e giovani, nel mondo del lavoro. Il settore dell'occupazione, infatti, duramente colpito dalla crisi, mai come ora ha bisogno di manovre e riforme. E il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) in quest'ottica diventa essenziale: abbiamo bisogno di nuovi ammortizzatori sociali, di razionalizzare i contratti di lavoro, di tutelare chi è stato ingiustamente licenziato e di un sistema per accedere ai pensionamenti.

Da oltre vent'anni si parla di riforme strutturali, storiche o sistemiche, inevitabili per combattere la povertà e per creare un welfare-state all'altezza di ogni aspettativa e il Covid ha inesorabilmente acuito questa esigenza. Le fragilità esistenti dovranno essere affrontate per poter ripartire nella società economica post-pandemia senza essere tralasciate come fatto finora, altrimenti si rischia di precipitare nel baratro del non-ritorno... Ecco perché il Pnrr ha come conditio sine qua non alcune riforme strutturali - definite “di contesto”, “abilitanti” e “settoriali” - che potenzialmente dovrebbero cambiare in positivo le condizioni regolatorie e ordinamentali del nostro Paese.

Riforme orizzontali o di contesto: consistono in tutte quelle innovazioni strutturali dell’ordinamento, capaci di migliorare l’equità, l’efficienza, la competitività e il clima economico del Paese. Per fare un esempio: la riforma della Pubblica amministrazione e la riforma della Giustizia, croce e delizia, quest'ultima, di ogni classe dirigente che si è susseguita negli ultimi decenni.

Riforme abilitanti: quelle potenzialmente capaci di rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali che condizionano le attività economiche e la qualità dei servizi erogati ai cittadini. Sono quelle in grado di estirpare ogni intralcio amministrativo e burocratico e snellire le procedure. Tra queste troviamo le tanto agognate “semplificazione” e “razionalizzazione” della legislazione per la promozione di un sistema concorrenziale.

Riforme settoriali: quelle che riguardano le innovazioni normative relative a specifici ambiti di intervento o attività economiche, destinate a introdurre regimi regolatori e procedurali più efficienti nei rispettivi ambiti settoriali (ad esempio: le procedure per l’approvazione di progetti su fonti rinnovabili, la normativa di sicurezza per l’utilizzo dell’idrogeno, etc). In questo ambito – sic! - troviamo di tutto: dalla digitalizzazione all'innovazione, dalla competitività alla cultura e il turismo, dalla rivoluzione verde e transizione ecologica passando per le infrastrutture, arrivando fino all'istruzione e ricerca, all'inclusione e alla coesione sociale e alla salute. In pratica: chi più ne ha più ne metta.

Il lavoro è tanto, e il tempo è sempre troppo poco visto che di queste riforme dobbiamo “render conto”. Chi dovrà orchestrare questa complessa melodia dovrà riuscire a voltare la pagina di quella che è una lunga storia triste e ingrigita dal tempo. Ma sarà davvero in grado il nostro Governo, e quelli che si succederanno nei prossimi anni, di realizzare tutto questo? Sarebbe banale dire “ai posteri l'ardua sentenza”. Ma tant'è...