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Privati della scuola e dello sport, quale sarà il futuro dei nostri giovani?

L’interruzione prolungata di servizi chiave per lo sviluppo ed il benessere psicofisico dei teenager potrebbe costare cara all’Italia. A causa del Covid-19 e di scelte quantomeno discutibili da parte del Governo, in primis la chiusura degli Istituti secondari di secondo grado e dei centri sportivi, si sta dilapidando il potenziale di una generazione. Se oggi 34 mila studenti, a causa delle assenze prolungate dai banchi scolastici, pensano di abbandonare gli studi, se la didattica a distanza presenta falle strutturali sotto ogni punto di vista e se una persona su quattro dei 23 milioni di italiani in sovrappeso ha meno di 17 anni, quale sarà il futuro sociale e lavorativo dei nostri giovani? Chi è chiamato a prendere decisioni dovrebbe fornire una risposta a questi semplici quesiti. Ed invece, a causa di una mancata visione d’insieme, dell’assenza di una strategia e di continui dibattiti che servono soltanto a scaricare le responsabilità, si continua a navigare a vista e a prendere tempo. Di tempo, dai primi casi e dal lockdown, ne è passato pure troppo. La scuola italiana e il mondo dello sport hanno perso quasi un anno. Forse, qualcuno ha sprecato inutilmente un anno per prendere delle decisioni. I danni economici e sociali si vedranno nel breve periodo ma anche a medio e lungo termine.

I buchi di apprendimento, il mancato sviluppo di skills in questi ultimi 12 mesi e gli effetti negativi della pandemia sui comportamenti sociali e sulle relazioni preoccupano gli studenti e le loro famiglie, gli stessi insegnanti e persino il mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Studi internazionali sulle competenze di alunni costretti a lockdown più o meno prolungati hanno rilevato deficit significativi nelle materie tecnico scientifiche e nuove disuguaglianze. Chi ha alle spalle situazioni difficili o si trova nell’impossibilità di accedere ad alcuni servizi o non ha a disposizione strumenti digitali evoluti ha mostrato carenze maggiori. Se questa è la fotografia scattata in Paesi all’avanguardia, figuriamoci qual è la situazione nell’Italia che corre a due velocità e che non è mai riuscita a colmare il gap tra il meridione ed il settentrione.

Oltre alla carenza di competenze, ci sono ulteriori problemi o fenomeni sociali che non possono essere sottovalutati. Come si spiega l’aumento di attività autolesioniste? L’allarme lanciato del Bambin Gesù, in merito ai ricoveri per tentativo di suicidio da parte di ragazze e ragazzi tra i 12 e i 18 anni, racconta il mal di vivere, la solitudine e la disperazione di una generazione. L’isolamento, la lontananza dai banchi e la mancanza di sport producono anche questi effetti. Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti che una normale attività fisica, anche ad attività moderata, contribuisce alla salute fisica e mentale e al benessere di ogni singolo cittadino. Privarla significa mettere a dura prova il sistema immunitario di una persona e non difendere l’organismo dall’insorgere di disturbi e patologie, che a causa di una vita sedentaria possono diventare cronici. 

Per il bene dell’Italia e per il futuro di una generazione, è fondamentale fornire delle risposte al tessuto sociale ed avere un piano strategico. Naturalmente, diverso dallo stare a guardare di qualche Ministro e dallo scaricare le responsabilità sugli altri.