Email Facebook Twitter LinkedIn
×ECR Party
The Conservative
ECR Party
TheConservative.onlineTwitterFacebookInstagramYouTubeEmailECR Party’s multilingual hub for Centre-Right ideas and commentary
ItalianItalianEnglishBulgarianCroatianCzechMacedonianPolishRomanianSpanishSwedish
The Conservative
Notizie & Commenti   |    TV   |    Print   |    Giornalisti

Sport e disabilità ai tempi del coronavirus. Conversazione con Nicola Pintus

Il binomio virtuoso sport-disabilità sembra non essere passato indenne dalla pandemia e dall’isolamento che le norme per il contenimento del Covid-19 ha imposto a tutti. Ora stiamo uscendo si spera dalla fase più dura e drammatica. Così come dopo ogni evento catastrofico ci stiamo guardando intorno, stiamo contando i danni e stiamo cercando di ripartire.
Parliamo con Nicola Pintus, presidente del Progetto Filippide di come è stata vissuta questa esperienza, di quali segni ha lasciato e di come ricominciare.

Il Progetto Filippide è un programma sportivo per persone con autismo in special modo, ma ha al suo interno anche una piccola icona, un fiore all’occhiello. La squadra di nuoto artistico per persone con la Sindrome di Down. Le considerazioni che possiamo fare su questo periodo di pandemia, partendo dall’inizio, sono state proprio le modalità con cui, un po’ tutti, improvvisamente ci siamo trovati nel famoso periodo del lockdown. Se per tutti quanti noi è stato difficile e complicato da affrontare, lo è stato ancor di più per coloro che non sono riusciti a capire cosa sia una pandemia, rendere visibile e toccabile il COVID 19, comprendere l’isolamento a seguito di cio’.

Le persone con autismo hanno nell’inclusione sociale uno dei criteri determinanti della sindrome. Le persone con la Sindrome di Down sono caratterizzate da un’estrema affettività verso gli altri. Con l’applicazione della chiusura totale di tutte le attività (anche quelle specifiche per disabili, scuole, centri diurni, gruppi di autonomia, terapie ed infine anche lo sport) queste persone, giovani e adulte, hanno perso completamente i loro punti di riferimento.

E, da un giorno all’altro, si sono ritrovate, senza comprendere il perché, in una situazione paragonabile a una domiciliazione forzata. Per noi corrisponde ad essere agli arresti domiciliari senza saperne il motivo.

Si deve inoltre considerare che, se non per tutt , sicuramente per molte delle persone con una diversa abilità mentale quelle che possono essere nostre forme di interesse o passatempo da loro non sono neanche prese in considerazione. La televisione per molti di loro non rappresenta nulla, di libri non se ne leggono, il gioco da tavolo o altro non rappresenta uno sfogo. In casa le attività sono molto limitate, diversamente la proposta sportiva svolta prevalentemente all’aria aperta, che coinvolge certamente il corpo ma che impegna necessariamente la mente, riesce a coinvolgerli completamente.Il risultato è straordinario sia da un punto di vista comportamentale che, conseguentemente, da quello tecnico.

Nel blocco totale abbiamo cercato di essere presenti, in ogni modo. Abbiamo organizzato da subito con i nostri istruttori   “lezioni di ginnastica-attività motoria” on-line  con musica ed esercizi imitativi in modo da catalizzare l’attenzione degli atleti dallo schermo e, allo stesso tempo, coinvolgere i familiari anch’essi bloccati in casa! Abbiamo creato “eventi in diretta”  settimanali di sport da eseguire tutti insieme per dare una scadenza, per poter programmare che è una cosa fondamentale nell’organizzazione di una persona con autismo, episodicamente abbiamo realizzato vere e proprie “feste sportive” in quanto il primo lockdown ha colpito la Giornata Mondiale per la Sindrome di Down il 21 marzo, la Giornata Mondiale sulla Consapevolezza dell’Autismo il 2 aprile, la giornata Mondiale dello Sport per la Pacee lo Sviluppo  il 6 aprile, tutte giornate indette dalle Nazioni Unite, che in condizioni di normalità prevedevano manifestazioni sportive con i nostri atleti.

Fortunatamente dopo i primi 30/45 giorni nei vari DPCM che si sono succeduti, è emerso chiaramente la necessità di dotare il dispositivo legislativo di una norma specifica per le persone con autismo (a partire dal DPCM del 26.04.2020 generico per la disabilità, e poi più specificatamente dal DPCM del 17.05.2020 Art.9, comma 2) specifico per l’autismo).

La ripresa, conseguentemente, è consistita in una programmazione, seppur strettamente individualizzata, all’aria aperta, nei parchi pubblici nuovamente fruibili, con l’attività di atletica leggera e  specificatamente corsa di lunga distanza.

Ci sono settori che durante questa pandemia hanno sofferto più di altri. Ma ci sono soprattutto persone che la pandemia ha ributtato dentro un isolamento difficile da capire soprattutto dopo tanti sforzi fatti per vivere nel mondo. Stiamo parlando dei ragazzi autistici. In che modo avete spiegato questo evento eccezionale e come siete riusciti a mantenere i contatti con i vostri atleti?

Come già descritto in precedenza uno dei fattori che sono esplicitati dalla comunità scientifica internazionale, e prendo ad esempio la definizione della Società italiana di neuropsichiatria infantile, caratterizzanti dello “Spettro” autistico è la difficoltà di inclusione sociale. Si traduce, in pratica, nella difficoltà ad essere dentro la società, ad assumerne i comportamenti sociale, le regole condivise, quelle che forse noi intendiamo con “le buone maniere”, le prassi, salutarsi quando ci si incontra, ascoltare e rispondere, stare fermi e magari attenti quando si parla.

In genere, ma non generalizzando, per una persona con autismo questo non succede. Ma non significa che colui o colei con autismo non comprendono, non sono in grado di percepire e via dicendo.

E quindi non siamo stati in grado “di spiegare” questo evento, la PANDEMIA, il COVID-19, l’isolamento. Non c’era nulla di percepibile, per loro, ed in parte anche per noi, solo un divieto!

Abbiamo tentato di proporre un’alternativa, seppur con tutti i limiti, seppur diversa e non paragonabile, ma che potesse tenere accesa quel flebile lampo di luce, quel filo da non spezzare assolutamente e dare speranza alle famiglie e guardare, comunque, al futuro.

L’utilizzo dei social, delle piattaforme web di comunicazione, tutte, ci hanno aiutato in questo improbo percorso.

Il binomio sport – disabilità questa volta è stato messo duramente alla prova. Quali sono stati gli effetti più gravi per i suoi ragazzi e le loro famiglie?

Su tutti direi il regresso in termini di socialità che la chiusura, prima totale poi parziale, l’impossibilità di scambi sociali, ha dato a tutti quanti noi.

Per la persona con autismo la così detta socialità si acquisisce attraverso un addestramento. Ossia con l’accettazione giorno dopo giorno delle convenzioni sociali, dal salutarsi quando ci si incontra ad accettare tempi, modi e condizioni in cui siamo tutti esposti quando siamo con gli altri.

Meno lo facciamo meno la persona con autismo riesce ad accettare ciò che per lui ha poco valore.

Abbiamo, in alcuni casi di maggior chiusura, anche dovuto ricominciare dall’inizio magari un percorso che era stato ben avviato in tempo di pre-pandemia. Ricostruire in modo certosino il rapporto individuale, per poi riuscire a proporre l’addestramento e l’accettazione delle convenzioni sociali.

Cosi come per la scuola abbiamo perso molto, ed altrettanto molto ci dovremo impegnare per tornare a buoni livelli di socialità.

Non si fa che parlare di resilienza. Dopo la crisi devastante bisogna ripartire ribaltando il punto di vista a mio avviso. Quali dovrebbero essere secondo lei i tre punti di buona politica sociale perché possa davvero considerarsi resiliente e restituire il diritto ad una buona e bella vita?

In questa domanda si fa menzione al DIRITTO. Il Progetto Filippide, associato alle Nazioni Unite Department of Global Communications ed affiliato alla Conferenza sulla Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità ha il suo fulcro nell’Articolo 30 di tale Convenzione: Diritto alla pratica dello Sport.
Tale Convenzione poggia la sua articolazione nella convenzione dei Diritti Umani che trova la centralità nella persona. Infatti noi parliamo di persona con autismo.
Ecco, occorre ripartire e accentrare la nostra attenzione sulla persona. Il mondo è composto dalle persone, noi siamo persone e viviamo con affianco persone. Qualunque scelta di politica sociale deve partire da una grande attenzione alla persone, chiunque essa siano.

Pertanto, seppur sentiamo parlare in continuazione di PNRR che fa cardine solo e unicamente sull’economia, il mio pensiero è che occorre mettere la persona al centro, soprattutto coloro che hanno subito i maggiori danni da questa pandemia. Occorrerebbe meglio comprendere che il tempo va vissuto, assaporato, che posso aspettare che l’anziano attraversi la strada aspettando 15 secondi, che se l’economia può prevedere un lavoro per le persone con disabilità, potrò mettere in conto di impiegare qualche minuto in più per l’acquisto di un bene.

La pandemia ci ha tolto il tempo, il tempo da vivere, il tempo per stare con gli altri. Dovremmo riprendercelo con le persone al centro del nuovo pensiero sociale.

Quindi, con l’attenzione alle persone, potremmo:

1)essere sociali riscoprire il prossimo con cui interfacciarsi;

2)costruire sulle persone il futuro, anche nostro, e NON sull’economia che non è fatta di persone, ma fatta DALLE persone, PER le persone

3)inserire in toto le diverse abilità in ogni campo del nuovo mondo perché questo non è stato ancora fatto.

Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c'è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.

(Haruki Murakami)