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Tecnologia e società, una corsa troppo veloce?

pixabay

Umanizzare l’innovazione per non lasciare nessuno indietro...

In Italia si parla molto di innovazione tecnologica e transizione digitale.

Un input che arriva dall’Europa e che vede il governo Draghi impegnato in una delicata opera progettuale.

Se si pensa che il 27% delle risorse totali del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PDF) sono dedicate alla transizione digitale si ha un’idea di quanto sia fondamentale questa voce

Le chiavi di progettazione sono due:  sviluppo e implementazione sul territorio della banda larga e, contestualmente, trasformazione della Pubblica Amministrazione (PA) in chiave digitale.

I due punti sono ritenuti necessari per garantire che tutti i cittadini abbiano accesso a connessioni veloci per vivere appieno le opportunità che una vita digitale può e deve offrire e per migliorare il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione rendendo quest’ultima un alleato nella vita digitale dei cittadini.

In tutto questo processo però manca una considerazione: la reale capacità di utilizzo delle nuove tecnologie da parte degli utenti.

L'Italia ha la popolazione più vecchia d'Europa con il 22,8% del totale che ha più di 65 anni a fronte del 20,3% medio in Ue. Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurostat riferiti al 2019 nel nostro Paese hanno oltre 65 anni 13,78 milioni di persone, ma tra queste oltre la metà (7 milioni) ne ha più di 75.  Anche l'età media italiana è la più alta in Ue con 46,7 anni e una crescita di 3,4 anni rispetto al 2010, tre anni di più della media dei paesi UE.

Cosa c’entra questo con l’innovazione tecnologica? C’entra e anche molto.

Già con l’introduzione dello SPID e poi della Pec obbligatori si è avuto un primo campanello d’allarme sulle reali capacità di fruizione da parte di questa fascia della popolazione, a cui si aggiunge l’obsolescenza attuale del nostro sistema di TLC.

Pensare che si possa imporre un salto tecno- generazionale di questo genere ai nostri anziani senza tenere conto delle difficoltà relative all’accesso alla tecnologia  corrisponde a escluderli dalla “cosa pubblica” e forse dalla società.

Basterebbe vedere quanto sta accadendo con il calcio per capire il grado di disagio e difficoltà che stiamo portando nelle case dei nostri anziani. Il passaggio da una piattaforma satellitare a quella digitale ha infatti creato una serie di problematiche ai più giovani, figuriamoci a chie era abituato ad “andare a memoria” sul canale della tv.

Immaginiamo cosa potrà quindi accadere quando per un certificato, un permesso o quant’altro i nostri anziani dovranno usare piattaforme on line, spesso complicate e arzigogolate.

Forse  l’innovazione dovrebbe essere un po’ umanizzata da chi la gestisce e da chi ci governa, per non rischiare che si ampli quella frattura fra vecchie e nuove generazioni. Perché il progresso serve ad aiutare non a ghettizzare ed escludere.