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Con il Covid cresce il numero dei Neet, come si supera il fenomeno?

I dati presentati dalla Commissione Europea nel rapporto trimestrale sull'occupazione parlano di una crescita notevole dei Neet a livello europeo. Si tratta di giovani che non studiano, non fanno formazione e non sono attivi nella ricerca di un impiego, letteralmente: “Neither in Employment or in Education or Training”.

Una categoria maggiormente presente tra i 15 e i 24 anni, un’età in cui può essere difficile trovare una strada, soprattutto se si è inseriti in contesti degradati in cui non si riesce ad emergere attraverso lo studio o la formazione. Si tratta di aree in cui spesso anche la ricerca di un lavoro stabile è difficile, dove in molti casi per migliorare la propria qualità della vita si è costretti ad emigrare. Luoghi come questi sono sicuramente presenti nel nostro Paese, soprattutto in alcune aree del Sud, ma il dato sui Neet è in crescita in tutta Europa nel periodo dell’emergenza sanitaria.

Sicuramente l’isolamento dettato dalle norme anti-covid non ha aiutato i giovani nella ricerca di un’occupazione o nel proseguimento di percorsi di formazione, studio o praticantato, soprattutto se di tipo tecnico o laboratoriale. Si tratta di un intero settore della nostra società lasciato in una deleteria ‘pausa forzata’ dalla quale purtroppo sembra sempre più difficile riprendersi.

In Europa nel secondo trimestre del 2020 (quindi in piena emergenza sanitaria) i Neet sarebbero cresciuti dell’11,6% rispetto all’anno precedente. Un dato che sicuramente va interpretato a fronte delle difficoltà legate ai lockdown generalizzati e alla crisi del lavoro tutt’ora in corso. Infatti non si può non sottolineare come anche l’occupazione generale nella fascia tra i 15 e i 64 anni sia scesa al 72,1%. Ma certamente avranno il loro peso anche fenomeni come gli aiuti indiscriminati, oppure in Italia misure come il reddito di cittadinanza, introdotto poco prima dello scoppio dell’epidemia di Covid-19.

È proprio il nostro Paese infatti ad essere in cima alla classifica stilata dalla UE. Sarebbero il 20,7% i giovani tra i 15 e i 24 anni che non hanno un lavoro, non lo cercano e non sono inseriti in alcun percorso formativo. Al secondo e terzo posto di questa lista troviamo la Bulgaria, con il 15,2% di Neet, e la Spagna, dove si attestano al 15,1%.

Se il dato europeo può sicuramente essere letto soprattutto in relazione all’emergenza sanitaria, in Italia, guardando i dati perlomeno del 2019, si nota comunque una preminenza dei Neet rispetto agli altri Paesi dell’UE. In particolare nel 2019 in Italia rappresentavano il 18% della fascia tra i 15 e i 24 anni.

Sono questi i dati sui quali si deve fare più attenzione. Si tratta di un trend in crescita già negli scorsi anni, sul quale, è ormai evidente, non si è mai intervenuti a livello governativo. È inutile che la politica e le misure verso i giovani si facciano scudo delle difficoltà legate all’emergenza sanitaria, quello che serve, soprattutto nella ripresa, è un intervento di tipo strutturale. Una vera riforma che parta dalla scuola e dalla lotta alla dispersione scolastica. Un percorso di formazione continua che porti direttamente i giovani in direzione del mondo del lavoro, con competenze e la capacità di apprendere nuovi mestieri e funzioni. Sono queste le caratteristiche delle riforme sulla scuola e sul mondo del lavoro che realmente possono incidere sul futuro dei nostri giovani. Che sia l’Europa a trainare o le singole nazioni a fare da apripista non importa, basta che non si perda altro tempo prezioso.