Lo sviluppo sostenibile può essere inteso come “soddisfare i bisogni della generazione attuale senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere ai loro”. Questa definizione, menzionata per la prima volta nel rapporto della Commissione Brundtland del 1987, espone una visione del progresso intrinsecamente legata all’ambiente: lo sviluppo economico migliora la possibilità sia delle attuali che delle future generazioni di rispondere ai loro bisogni, rispettando allo stesso tempo i limiti dell’ambiente e delle risorse naturali.
La base giuridica delle strategie per lo sviluppo sostenibile è l’articolo 3 del Trattato sull’Unione Europea (TEU), che afferma la responsabilità interna ed esterna dell’UE alla salvaguardia di questo principio. La necessaria connessione tra le politiche e l’integrazione di esse è solidamente ancorata agli articoli 7 e 11 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU), che esigono l’integrazione della protezione ambientale in tutte le aree di intervento politico.
All’interno dell’Unione Europea, è la Commissione ad avere il compito di proporre strategie per il miglioramento e l’implementazione dello sviluppo sostenibile, attraverso la selezione delle aree chiave su cui concentrarsi, delle tendenze problematiche da affrontare e degli obiettivi specifici da raggiungere. Gli obiettivi individuati sono poi tradotti in provvedimenti ed interventi, mentre per verificarne l’impatto vengono effettuati controlli sul piano delle politiche, a livello degli stati membri per verificarne l’attuazione e a livello della stessa UE.
A livello mondiale, l’UE segue l’Agenda 2030 facente parte del framework globale per la promozione dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Definita dai capi di stato e dai governi di tutto il mondo presso il summit ONU del 2015, lo scopo di tale Agenda è quello di stabilire un approccio globale all’impegno nell’eradicazione della povertà e al raggiungimento dello sviluppo sostenibile, in modo da non lasciare nessuno indietro nel processo.
L’UE è stata determinante nello sviluppare il framework, che consiste di 17 Sustainable Development Goals e 169 relativi obiettivi mirati all’eradicazione della povertà, alla sconfitta delle disuguaglianze e alla battaglia contro il cambiamento climatico. L’Agenda cerca di integrare le tre aree di intervento: quella ambientale, quella sociale, quella economica e dovrebbe essere attuata nella sua interezza.
L’Agenda riflette gli obiettivi europei per la promozione dello sviluppo sostenibile e l’UE ha determinato tre azioni in particolare da sviluppare sotto di essa entro il 2030: l’integrazione degli SDG in tutte le iniziative e politiche europee; i report periodici sui progressi compiuti; e l’organizzazione di una piattaforma multilaterale di alto livello per discutere sia le politiche che i progressi in merito. L’Agenda 2030 dall’impronta globale ha unificato per la prima volta l’approccio sia interno che esterno dell’UE allo sviluppo sostenibile, creandone uno congiunto.
In seguito alla crisi derivata dal COVID-19 , l’attenzione nei confronti della sostenibilità è calata temporaneamente, per poi riprendersi grazie all’inclusione di esso all’interno del piano di ripresa comune europeo: il Next Generation EU dal valore di 750 miliardi di euro. In linea con il principio di integrazione delle politiche economiche e di sostenibilità, il piano dovrebbe assicurare una ripresa sostenibile, giusta ed inclusiva per tutti gli stati membri.
Come affermato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, l’UE dovrebbe integrare la transizione verde e quella digitale nella ripartenza economica. Von der Leyen ha anche sottolineato come la via d’uscita dall’attuale crisi dovrebbe basarsi su un progetto coordinato con la sostenibilità al proprio centro. Il Recovery Fund dovrebbe essere dedicato ad una ripresa verde, digitale e giusta. Gli investimenti e la riduzione dei debiti confluiranno nei paesi che ne hanno più bisogno, rilanciando l’economia, ma in modo sostenibile.
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