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IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI NELLE POLITICHE SOCIALI

L’Italia costituisce un contesto interessante per analizzare i processi di esternalizzazione nel settore pubblico, in particolare nei servizi educativi e di cura alla persona,facendo riferimento ai fattori messi in luce dalla letteratura sul mercato del lavoro e da quella sulla pubblica amministrazione. Innanzitutto la struttura della contrattazione collettiva nei settori oggetto di indagine è altamente frammentata, con molteplici contratti collettivi potenzialmente applicabili e un ampio divario tra contratti pubblici e privati nei salari e nelle condizioni di lavoro. Mentre nel settore pubblico vengono applicati due contratti collettivi nazionali (di seguito Ccnl) –il Ccnl Enti Locali al personale comunale impiegato negli asili nido, scuole dell’infanzia e nell’assistenza agli anziani e il Ccnl Scuola al personale delle scuole dell’infanzia statale –,nel settore privato si contano una pluralità di contratti: almeno dieci nell’assistenza agli anziani e sette-otto nel settore educativo global-mente , con notevoli differenze sia in termini di diffusione che nel numero di lavoratori coperti.

I livelli salariali mensili stabiliti dai contratti pubblici sono sistematicamente più generosi di quelli privati, che a loro volta presentano ulteriori differenze significative. I primi sono più favorevoli anche in termini di ore di lavoro (nel caso degli insegnanti, per esempio, trentasei ore settimanali contro le trentotto del settore privato) e di giorni di ferie annuali, oltre che nello stabilire orari fissi e un monte-ore massimo durante il turno giornaliero. Inoltre i contratti privati spesso non prevedono istituti quali il congedo di maternità e di malattia, applicati invece nel settore pubblico. Tali differenziali sono ulteriormente inaspriti dagli sviluppi della contrattazione decentrata, tradizionalmente più diffusa all’interno delle pubbliche amministrazioni, nonostante il blocco della contrattazione collettiva a partire dal 2010 abbia ridotto al minimo il ruolo di questa dinamica.

Tali politiche, seppur ora allentate, hanno colpito pesantemente i Comuni negli anni passati, riducendo i trasferimenti dal governo centrale con tagli fino a 8,4 miliardi di euro nel periodo 2008-2015, rafforzando il patto di stabilità interno e ponendo forti limitazioni alla spesa per il personale e alle assunzioni. Tra il 2008 e il 2015 il numero di lavoratori impiegati a tempo indeterminato dai Comuni è sceso da 396.845 a 346.123 unità e anche quello a tempo determinato è stato assai ridotto, determinando evidenti carenze di personale e difficoltà a garantire la continuità dei servizi ad alta intensità di lavoro, come quelli sociali ed educativi.