Mario Monti diventa antieuropeista. E non esita a mostrare tutta la sua “insoddisfazione”. «Non ci hanno chiesto di dire come superare l’attuale emergenza Covid-19, ma di guardare avanti con consigli su come prevenire future pandemie e catastrofi sanitarie globali. Non si può razionalmente pretendere che una struttura sovranazionale faccia più di quanto le permettono i poteri che le vengono conferiti». L’ex presidente del Consiglio Mario Monti, in un’intervista alla Stampa, tira le somme del primo rapporto scritto dalla Commissione Paneuropea sulla Salute e lo Sviluppo, il gruppo indipendente creato lo scorso autunno dall’Oms di cui l’ex premier è presidente.
Mario Monti: «Revisione del sistema sanitario»
«Se partiamo dalla Sanità, come naturale – afferma l’economista – è evidente che si deve investire di più e meglio e riformare in profondità il settore. Ad esempio, la medicina di prossimità, i medici di famiglia, non hanno potuto svolgere un ruolo di avamposto al diffondersi del virus, e il peso della pandemia si è caricato sugli ospedali, in Italia e un po’ ovunque. Si impone una revisione del sistema sanitario e della previdenza sociale. Si deve ragionare in termini di “One Health”, lavorando sul legame fra la salute dell’uomo, degli animali e del pianeta. È la sfida della biodiversità come del cambiamento climatico. Questa pandemia viene attribuita al salto di specie, un microorganismo passato dall’animale all’uomo: è un dato di fatto che si debba cambiare la prospettiva della politica globale».
Monti: «Coordinamento più serrato»
«Esistono diverse organizzazioni che fanno capo all’Onu – prosegue Monti – C’è l’Oms (Sanità), l’Oie (Salute animale), la Fao (Agricoltura) e l’Unep (Ambiente). Sono entità che fanno capo alla stessa organizzazione ma viaggiano separatamente. È una formula fuori dal tempo. Il coordinamento deve essere più serrato. Ci sono varie soluzioni, da una consultazione sistematica e stretta alla creazione, forse un giorno, di una organizzazione mondiale per la “One Health”. La governance attuale non risponde alle esigenze emerse dalla pandemia. Per rispondere, vedo due priorità. La prima è mantenere e rispettare la biodiversità altrimenti salta l’equilibrio della natura. La seconda spinge a predisporre sistemi efficaci di “early warning” da un paese all’altro allo scatto delle epidemie. In entrambi i casi siamo indietro e procediamo lenti. In entrambi i casi, non basta l’azione dei singoli stati, ma serve il coordinamento tra poteri pubblici diversi e a livello internazionale».
«Sui vaccini Europa e Stati impacciati»
Deluso? «No. Sono insoddisfatto, certo, del risultato. Ma per me c’è delusione solo quando i risultati sono peggiori di quelli previsti. Io dall’Europa, in questa materia, non mi aspettavo di più». «L’Europa – conclude – è forte e rispettata nel commercio, nella concorrenza, nella politica monetaria. Sono i campi nei quali gli Stati hanno dato veri poteri all’Ue. In altri settori, come la sanità, quando gli Stati scoprono l’impossibilità di agire con efficacia separatamente, gli stati di colpo vorrebbero un’Ue capace di risultati, che non può produrre per mancanza di poteri. La loro delusione allora diventa spesso scaricabarile. Quanto ai vaccini, mi intristisce un’Europa che fa così fatica a trattare con le imprese nonostante rapporti contrattuali precisi. Appaiono impacciati, gli Stati e la Commissione. Non so se, e quali, errori siano stati commessi. Ma dobbiamo essere pronti a riconoscere che sia la Commissione sia gli Stati possono sbagliare e muoversi in ritardo».
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