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La “trincea” di Benedetto XVI: ecco come ha difeso l’Europa

Ratzinger ha sempre avuto l'Europa al centro del pontificato. Così ha "fronteggiato" migrazioni, islam e relativismo...

Il baricentro del cattolicesimo non è più lo stesso. Gli anni della centralità dell'Europa - quelli di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - sono passati. Oggi la confessione cristiano-cattolica è maggioritaria in Brasile, come in altre nazioni del Sud America, e si sta sviluppando attorno alle "periferie economico-esistenziali". Quelle preferite da papa Francesco. La ruota della storia gira, e la Chiesa cattolica non sembra avere intenzione d'azionare una forza in senso contrario.

Ma non è stato sempre così. Il pontificato di Joseph Ratzinger, così come quello del suo predecessore del resto, si è distinto per europa-centrismo.

Nell'immaginario tradizionale, il "mite teologo" di Tubinga rappresenta ancora l'ultimo ostacolo al dilagare del relativismo, del multiculturalismo, del lacisimo e della secolarizzazione. Benedetto XVI è ancora l'immagine plastica di uno scatto d'orgoglio della cosiddetta civiltà occidentale. A pensarlo sono soprattutto i conservatori europei, che guardano con nostalgia al precedente pontificato. Si pensi, a titolo esemplificativo, al tema delle radici cristiane, che Ratzinger avrebbe voluto vedere all'interno del testo della poi mai approvata Costituzione europea: "Non si può pensare di edificare un’autentica “casa comune” europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta, infatti, di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa", ha dichiarato l'ex Papa nel 2007, in una riunione del coordinamento degli episcopati del Vecchio continente, il Comece. E il tema delle "radici cristiane" avrebbe accompagnato il pontefice tedesco durante l'intera permanenza al soglio di Pietro.Benedetto XVI non è mai stato un sovranista. Anzi, in termini di "schieramenti politici", per usare una forzatura, è lecito riscontare come Ratzinger sia stato un europeista convinto. Per quanto il consesso europeo odierno possa non aver tenuto conto delle istanze che l'ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha tenuto a portare avanti nel corso della fase in cui è stato il vescovo di Roma: "Sapete di avere il compito di contribuire a edificare con l’aiuto di Dio una nuova Europa, realistica ma non cinica, ricca d’ideali e libera da ingenue illusioni, ispirata alla perenne e vivificante verità del Vangelo", ha aggiunto nell'occasione sopracitata dinanzi ai vescovi europei. Certo, l'Europa di Ratzinger non è e non era quella dei "nuovi diritti". E il Vecchio continente che aveva in mente Benedetto XVI non sembra essere neppure quello privo d'identità ed aperto a qualunque forma di contaminazione culturale. L'ex pontefice era favorevole alla dialettica, fosse anche quella del dialogo interreligioso, ma non alla rinuncia delle caratteristiche spirituali ed identitarie del bacino europeo.

In questo senso e in specie nel corso di questi ultimi sette anni e mezzo, abbiamo assistito ad una rivalutazione complessiva del pensiero ratzingeriano. Dalla difesa dei muri alla stregua di barriere per circoscrivere le proprie basi di civiltà al "diritto a non emigrare", passando per la battaglia campale che Benedetto XVI ha condotto contro il "pendio scivoloso", quindi dunque contro l'approvazione di leggi in grado di sconvolgere l'assetto bioetico per come la Chiesa cattolica l'ha immaginato e tutelato in tutta la sua storia recente: Ratzinger, anche per mezzo delle opere che ha pubblicato dopo aver rinunciato al soglio di Pietro, è divenuto un simbolo. L'ultimo argine del conservatorismo scagliato addosso alle velleità dei progressisti senza limiti.

L'idea di Europa nel pensiero e nell'azione di Joseph Ratzinger

C'è un prima, ma esistono anche un durante ed un dopo il pontificato. In relazione a Ratzinger, spicca un dato: il tipo di Europa presentata dal consacrato che ha avuto un ruolo centrale pure nel Concilio Vaticano II è sempre uguale a se stessa. Lo studioso Guido Vignelli, interpellato al riguardo da IlGiornale.it, fotografa l'intero impegno di Benedetto XVI in favore di una certa concezione dell'Europa: "Joseph Ratzinger si è occupato dell’Europa e dell’Unione Europea prima da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, inspirando gl’interventi di Giovanni Paolo II al riguardo, poi da papa. Il suo impegno europeista può essere riassunto in tre punti".

Tre direttrici che Vignelli individua subito dopo: "Primo: richiamare le nazioni europee al loro “battesimo”, ossia alla loro origine storica e ai valori cristiani fondanti, dai quali si sono allontanati perdendo così identità, prestigio e incidenza mondiale". Ma questa è solo la prima strada intrapresa da Ratzinger: "Secondo - annota Vignelli - : ammonire l’Unione Europea a non contrastare quei valori, come finora ha fatto sia propagandando una cultura relativistica e permissiva, sia promuovendo leggi contrarie non solo al diritto cristiano ma anche all’ordine morale naturale". E poi viene forse la parte più "hegeliana" della concesione ratzingeriana: "Terzo: esortare l’Europa a uscire dalla crisi ricuperando la civiltà cristiana fondata assorbendo le eredità di Atene (la retta ragione) e di Roma (il giusto diritto) in quella di Gerusalemme (la vera religione)". Ratzinger - come si vede bene - non è mai stato un critico tout court dell'Ue. E questo è forse uno dei grandi cortocircuiti della narrativa sovranista, che tende ad "assoldare" il pensiero di Benedetto XVI tra i suoi.

La battaglia per salvare l'Europa dal relativismo secondo il vescovo Athanasius Schneider

L'Europa, a causa della secolarizzazione, sarebbe persino diventato un palcoscenico perfetto per l'avvento del relativismo:"Il cardinale Joseph Ratzinger e poi papa Benedetto XVI passerà alla storia come quello che ha messo il mondo e la Chiesa in guardia contro il relativismo dottrinale, parlando della “dittatura del relativismo” e dicendo che il relativismo è il problema più profondo del nostro tempo. Di fatto il relativismo può essere descritto con l’atteggiamento quando l’uomo afferma: “Sono io a decidere ciò che è vero”, allora a ciò che è vero per il nostro tempo può seguire un’altra verità nella epoca successiva. Ne deriva un continuo cambiamento. Il relativismo è intimamente unito al secolarismo e all’antropocentrismo. Il relativismo è in ultima analisi un estraniarsi dalla realtà". A parlare con ilGiornale.it - in questa circostanza - è stato invece il vescovo Athanasius Schneider, che si è già distinto in quanto difensore della dottrina cristiano-cattolica. Schneider ha anche incontrato papa Francesco qualche tempo fa.Athanasius Schneider sostiene per esempio che il cattolicesimo e l'islam non possano essere equiparati gerarchicamente, mentre la dichiarazione firmata da Jorge Mario Bergoglio e l'imam di al-Azhar - quella sulla "Fratellanza Umana" - getterebbe quantomeno le basi per un'equiparazione gerarchica. Ma è possibile che sia stato Dio a volere la "diversità delle religioni"? Ecco, per Schneider la risposta è no. E il vescovo conservatore ci ha fornito più di una riflessione su come Benedetto XVI abbia sostanzialmente frenato l'avvento del relativismo nel Vecchio continente: "Memorabili rimangano le seguenti parole del Cardinale Ratzinger: “Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento di dottrina", appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” . A questo punto della riflessione, il presule kirghiso, che è incaricato presso l'arcidiocesi di Astana, fotografa la sua di ricetta: "Perché l'Europa possa essere edificata su solide basi - ci confida -, è necessario che la vita sociale e politica sia guidata della legge morale universale, inscritta nel cuore di ogni uomo, la base morale incrollabile". Poi gli accenti sul passato: "Vi fu un tempo - aggiunge - in cui l’Europa formava un tutto compatto, e in mezzo a molte debolezze, e malgrado tutte le deficienze umane, trovava la sua forza spirituale e morale". E Schneider circostanzia pure la principale delle differenze secondo il suo punto di vista:"L’anima di questa unità era la religione che impregnava a fondo tutta la società di fede cristiana". Una situazione molto diversa rispetto a quella odierna. Il "fronte conservatore" - è cosa nota - vorrebbe che l'Europa tornasse quella di una volta, ma come operare un salto nel passato che potrebbe sembrare utopistico? Jorge Mario Bergoglio, poi, sembra di un altro avviso.

Perché il "ratzingerismo" è "anti-migrazionista"

Il vescovo Athanasius Schneider pensa che una strada - in realtà - esista eccome: "Se l’Europa vuole uscire dalle sue rovine spirituali e morali - ha affermato l'alto ecclesiastico nel corso del dialogo che abbiamo avuto - , è necessario ristabilire presso di lei il vincolo fra la fede cristiana e la civiltà. I popoli e i governanti dell’Europa devono riconoscere i diritti di Dio e la sua legge, per lo meno dei diritti naturali, fondo solido sul quale sono ancorati i diritti dell’uomo. Separati dalla fede cristiana, i diritti dell’uomo non potranno assicurare la libertà, l’unità, l’ordine e la pace in Europa". Parole che potrebbero sembrare in controtendenza rispetto alla apertura sui "nuovi diritti". Quella per esempio operata da papa Francesco in materia di "unioni civili". Ma il campo di battaglia non è solo quello bioetico: Schneider ritiene che anche una gestione dei flussi migratori che non tenga conto delle identità dei popoli possa contribuire ad un complessivo processo di perdita delle proprie radici: "L' dentità dell’Europa - prosegue il presule - è oggi seriamente minacciata non solamente da un secolarismo interno radicale e quasi ateo, ma nel contempo da una progressiva islamizzazione per mezzo dell’immigrazione di massa di popoli islamici, promossa attivamente persino dalle autorità dell’Unione Europea". E Ratzinger come la pensava in merito, chiediamo a Schneider? "Il cardinale Ratzinger già nel 1979 ha fatto la seguente osservazione perspicacia e realista: "L’islam è sin dal suo inizio, sotto certi aspetti, un ritorno a un monoteismo che non accetta la svolta cristiana verso un Dio diventato uomo e che si chiude ugualmente alla razionalità reca e alla sua cultura, che oltre l’idea dell’incarnazione di Dio, era diventata parte integrante del monoteismo cristiano".Quindi? Schneider cita ancora Ratzinger per spiegare quale sia la strada da seguire: "Il cardinale così definì e riassunse la situazione della crisi dell’identità europea: "Nel momento in cui l’Europa mette in questione o elimina i propri fondamenti spirituali, si separa dalla propria storia e la definisce una cloaca, la risposta di una cultura non europea chiosa Schneider - non può che essere una reazione radicale e un ritorno all’indietro, a prima dell’incontro coi valori cristiani” . Una considerazione in grado di fare da sintesi? "Senza un ritorno a Cristo, non c’è speranza per l’ Europa", conclude il vescovo kirghiso.