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Pnrr e transizione verde: è possibile?

Non sono poche le insidie sul cammino degli investimenti e dell'attuazione dei programmi del Pnrr, come ricordato dallo stesso Premier Draghi: la situazione economica italiana ed europea è in miglioramento, secondo i dati della Commissione europea, con l'Italia che crescerà nei prossimi due anni del 4,2% e del 4,4%. Ma i rischi di una pandemia non ancora debellata lasciano margini molto ampi di incertezza. Il tema dell'inflazione è delicato e comporta un serio pericolo alla ripresa dell'Europa, come lo è lo stesso debito pubblico: in Italia il rapporto debito-Pil è salito 21,2 punti percentuali con la crisi Covid; in Spagna di 25,7, in Francia di 18,5, con la media europea che oscilla intorno ai 16. Questi presupposti, in aggiunta al ricorso massiccio nel corso del 2020 alle garanzie statali degli Stati membri dell'Unione europea, aprono lo scenario futuro di una “gestione di bilancio prudente” al fine di scongiurare l'innesco di un meccanismo di rilancio dei tassi di interesse che difficilmente risulterebbe sostenibile per il nostro Paese.

La pandemia è sopraggiunta in un momento storico in cui era già evidente e condivisa la necessità di adattare l’attuale modello economico a una maggiore sostenibilità ambientale e sociale e l'Ue, non a caso, vuole promuovere una robusta ripresa dell’economia europea all’insegna della transizione ecologica, della digitalizzazione, della competitività, della formazione e dell’inclusione sociale, territoriale e di genere.
 

Il Regolamento Rrf (Recovery and Resilience Facility - Dispositivo per la ripresa e la resilienza) enuncia le sei grandi aree di intervento dal retrogusto “green” (i cosiddetti pilastri) sui quali il Pnrr si dovrà focalizzare: la transizione verde; la trasformazione digitale; la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; la coesione sociale e territoriale; la salute e resilienza economica, sociale e istituzionale; le politiche per le nuove generazioni, l’infanzia e i giovani.

La finalità di questo enorme investimento di ripresa non è solo economico, dunque: bisogna approfittarne per modificare in toto il modello di sviluppo economico europeo, cambiando le abitudini di consumo e ripartendo con modelli più sostenibili nel rispetto del pianeta e delle sue risorse.


Tuttavia, per ora, il Pnrr italiano non sembra essere soddisfacente sotto questo aspetto. Secondo i dati della Camera dei Deputati, infatti, l'Italia destina solo il 37,5% delle risorse al settore ambientale, contro il 59% dell’Austria e della Danimarca, il 46% Francia e il 42% della Germania. Oltre ai numeri, però, preoccupa soprattutto la mancanza di una strategia complessiva verso una transizione green. La “transizione”, infatti, è un passaggio fra due livelli: quello attuale di sviluppo non ecosostenibile, e un livello successivo che concerne la creazione di un modello economico dal volto umano, ecologico, solidale, equo e inclusivo, che possa riequilibrare le interazioni fra i sistemi economico ed ecologico-sociale. Per carità, il nostro Pnrr, sulla carta, è un ottimo piano dal punto di vista economico, ma pecca di una visione parzialmente sistemica dal momento che la tutela dell’ecosistema non è ancora posta al centro del dibattito.
 

Il cambiamento climatico sta modificando il territorio, distruggendo alcune aree fragili del nostro Paese e dell’intero pianeta (la recente alluvione in Germania ne è un esempio lampante). L'aumento delle temperature, infatti, innesca meccanismi complessi e spesso drammatici: oltre ai noti disastri naturali, sono a rischio la sopravvivenza di piante e animali, è possibile la diffusione di malattie, è messa a repentaglio la stabilità del sistema climatico mondiale con le conseguenti crisi economiche e sociali.

L'auspicio, dunque, è che gli enormi sforzi economici vengano raccolti anche da uno sforzo politico di attuazione nel Piano e dallo sforzo sociale di ogni cittadino. Mai come ora l’impegno collettivo può modificare il futuro del pianeta cambiando il vecchio modello di sviluppo economico in un modello di sviluppo economico-ecologico sociale: una visione di insieme in cui ecosistema, economia e socialità non siano più in contrasto tra loro, ma siano legate da un fil rouge e “lavorino” insieme.